Idee a Pasqua: la villa blu di Saint Laurent a Marrakech

di Martina Grandori

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na dimora manifesto di un modo anticoncezionale di vedere le donne, la moda, i colori, l’arte. Siamo a Marrakech, la città icona di quel mix di culture che ha fatto innamorare poeti, scrittori, artisti, attori e, molto, stilisti della cattura di Yves Saint Laurent. Qui vi trovò l’isola magica, qui la sua ispirazione era un flusso inarrestabile, gli occhi immaginavano, la matita disegnava, l’estro metteva quella sua cifra inconfondibile.

Qui comprò nel 1980 villa Oasis, già appartenuta Jaques Majorelle, a cui si deve il nome dei famosi giardini, oasi di felicità per Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, il suo grande amore. In stile moresco, spiccò subito per la scelta del suo colore: quel blu cobalto degli abiti indossati dai Tuareg, il popolo del deserto da cui Saint Laurent prese spesso ispirazione, diventato poi il “blu Majorelle”. Un blu pieno, un blu il cui significato è protezione, per i popoli del deserto indossare tessuti blu cobalto era un modo per proteggersi da insetti e parassiti, e nella teoria del colore il cobalto è complementare a quel sabbia e al terracotta scelti per inferriate e portoni

L’architetto Bill Willis, per ordine dei proprietari, ristabilì un gusto più coloniale, il già bellissimo giardino Majorelle venne ulteriormente implementato. Un tripudio di piante grasse, roseti, piante acquatiche e vegetazione tropicale sparsi in 9000 metri quadri, una vera oasi lussureggiante dove oggi per chi è in vacanza a Marrakech vale assolutamente la pena di andarci.

Villa Oasis divenne teatro di feste sfrenate, spesso ospiti nomi del jet set internazionale come di Mick Jagger, Marianne Faithfull, Talitha Getty, Loulou de La Falaise e Hélène Rochas. Saint Laurent e Bergé portarono il clou della vita mondana parigina a Marrakech e divennero in poco tempo le figure centrali dei circoli bohémien della città. “Un’oasi in cui i colori di Matisse si mescolano a quelli della natura” lo descriveva Pierre Bergé, dove le trecento specie di piante sembrano modelle pronte a sfilare in passerella.

Cactus, bamboo, gelsomini, ninfee, cipressi, piante di noci di cocco, felci, agavi, bouganville, alberi esotici, un puro piacere per gli occhi. Camminava in questa oasi di pace alla ricerca di ispirazione: per lui questo Eden era un elisir e nel roseto vennero sparse le sue ceneri. Oggi la gestione di questa casa – museo è affidata alla Fondation Jardin Majorelle; il piano terra attualmente ospita il Museo delle arti berbere ed islamiche, che accoglie una collezione donata da Bergé, grande cultore e conoscitore dell’arte marocchina e del patrimonio culturale locale.

Sono Martina Grandori, vivo quotidianamente con il senso dell’umorismo e alla ricerca dell’estetica, tento di migliorarmi ogni giorno in nome di una magica evoluzione, nutrendo il mio giardino degli interessi. Adoro scrivere, lo faccio da vent’anni in qualità di giornalista specializzata in lifestyle, prestata poi al mondo dell’ambiente e della sostenibilità. Sono madre di due bambine che hanno rivoluzionato la mia vita in positivo, da sempre vivo nella bellissima Milano, città che adoro perché ha moltissimo da offrire oltre allo smog.

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