
Lo sprinter azzurro è reduce da un Assoluto in chiaroscuro: «Bene nei 50, mi aspettavo meglio i 100»
ire che ha una vita molto impegnata, vorrebbe dire sottovalutarlo. Ma a Lorenzo Zazzeri piace fare tutto quello che fa: gli piace nuotare, gli piace disegnare, gli piace studiare. A spingere il 26enne sprinter azzurro nel cercare di fare tutto al massimo però è soprattutto la passione. Una passione che attraversa più campi e che lo rende un caso praticamente unico nell'ambiente del nuoto italiano. Oltre a dover spingere forte tutti i giorni in allenamento per ritagliarsi uno spazio nelle complicate gare di 50 e 100 stile libero, Zazzeri affronta poi con totale dedizione i suoi studi di scienze motorie e con assoluta passione una continua ricerca nel mondo dell'arte. Il 26enne velocista fiorentino, tesserato per Rari Nantes Florentia ed Esercito, è infatti un artista dal talento ormai riconosciuto: la sua opera "Bon Apetit" è stata esposta alla Biennale di Firenze del 2017: «Parto da una base tecnica – ci spiega Zazzeri - che mi fa nascere iperrealista, ma essendo giovane e non potendomici dedicare appieno, sto attraversando una fase di sperimentazione e transizione. Devo ancora trovare un argomento specifico che mi renda riconoscibile. La difficoltà è quella che attraversa tutto il mondo dell'arte: a me piace qualsiasi forma espressiva, ma se sei anche bravo tecnicamente alla fine diventa difficile mettere a fuoco. Va trovato un tema, altrimenti si resta sempre superficiale». Un tema l'ha invece trovato per la sua tesi in scienze motorie, che presenterà il 28 ottobre. «Ho scelto una tesi per me molto stimolante, mi sta piacendo molto scriverla: si tratta di un confronto tra la cultura e la preparazione nel nuoto americano e in quello italiano, concentrandomi sui velocisti. Mi rifaccio alla mia esperienza, ho ascoltato allenatori come Claudio Rossetto, preparatori, ho contattato Ryan Held, oro olimpico nella 4x100 a Rio 2016, ex compagni che hanno avuto esperienze negli Usa come Riccardo Maestri. Sto cercando anche Caleb Dressel. Ci tenevo a fare una cosa personale».

Ma Zazzeri come fa a tenere questo ritmo? «Sicuramente è una vita impegnativa, ma densa di cose da fare e di impegni che, per quanto mi riguarda, mi aiutano ad essere attivo ed efficiente. Il segreto è l’organizzazione e credo che questa abilità sia stata sviluppata proprio grazie al nuoto durante gli anni del liceo». Gli Assoluti di Riccione sono appena alle spalle e le sue prestazioni sono state in chiaroscuro: vittoria nei 50 stile in 21″89, quarto posto nei 100 in 48″82. «Questi Assoluti mi hanno soddisfatto a metà. Da un lato un ottimo 50 che mi ha fatto scalare le classifiche mondiali e abbattere una grande barriera, quella dei 22 secondi, dall’altro il 100, la gara che ho preparato ma che non è andata come speravo. Per una serie di motivi qualcosa è andato storto, ma rimango fiducioso e consapevole del lavoro svolto e del miglioramento che ho ottenuto in allenamento. L’Europeo di Budapest sarà una tappa di passaggio, mentre il vero obiettivo sarà il Settecolli per tentare la qualifica olimpica sfuggita per un soffio e che è tanto agognata. Sono sicuro di essermi allenato bene e riuscirò a breve a dimostrare il mio valore anche sul 100, una certezza che mi viene dalla consapevolezza del lavoro che sto svolgendo e dalla voglia di allenarmi». E per un nuotatore che ovviamente come massima aspirazione ha la vittoria, il successo in vasca, l’acqua rappresenta un nemico o un alleato? «Per me è sempre stato un alleato, una compagna sempre presente. Il rapporto con l’acqua è un qualcosa di viscerale. Penso sempre all’acqua come un elemento con cui fondersi, non come un qualcosa da combattere per riuscire ad andare più veloci.


Il nuoto però è uno sport che usa l’acqua con possibili risvolti crudeli, perché si vince e soprattutto si perde: in pochissimi possono dire ho più vinto. Fai tanti sacrifici, tanta fatica, poi per le mie gare nello specifico in meno di un minuto rischi di vedere vanificati mesi di lavoro. Le mie qualità però sono sempre state perseveranza e costanza, non mi sono mai abbattuto più di tanto e ho sempre creduto che attraverso il lavoro prima poi l’acqua ti avrebbe premiato. È uno sport in cui la mente fa tantissimo, serve tanta pazienza e chi non ce l’ha magari non riesce a cogliere i frutti. Io mi sono costruito fisicamente piano piano, non sono stato precoce fino a 20 anni ne dimostravo 16, ero alto, ma non avevo quelle masse muscolari e quindi ho sviluppato una cultura del lavoro e del sacrificio che oggi mi aiuta tantissimo. Non si tratta solo di vincere o perdere, per me è una sfida con i miei limiti, il mio obiettivo in ogni stagione è migliorare. É un modo di pensare anche che ti tranquillizza, perché così eviti anche di farti influenzare dagli avversari, la concentrazione resta su te stesso: non posso sapere quanto gli altri andranno forte, quindi io devo pensare a fare il mio tempo».

L’acqua compagna di allenamento potrebbe diventare anche un elemento di ispirazione per la sua arte, come ci rivela Zazzeri: «È un discorso molto ampio. Innanzi tutto dipingere l’acqua si traduce nel cercare di dipingere la luce. L’acqua è trasparente, riflette i colori circostanti a seconda di come batte la luce, sulla superficie si vedono le increspature o anche i riflessi sul fondo. La difficoltà sta appunto nel cogliere la luce e ci sono vari modi. A riuscirci fu prima di tutti la scuola impressionista, che appunto si prefissava di riuscire a cogliere il momento e quindi dipingendo anche di fretta: per questo vennero anche derisi, ma se ci pensiamo furono precursori della fotografia. E uno degli elementi che più si prestava a questa loro esigenza erano appunto l’acqua e la luce che batte in determinati giorni o in determinate ore del giorno nel corso delle stagioni. Tra le mie idee da sviluppare in futuro c’è una serie sulle piscine, da rappresentare in vario modo, dalle luci ai fondali, all’aperto o al chiuso, fino ai dettagli della vasca, la “T” sul fondo, la scaletta, le mattonelle. E chi potrebbe farlo meglio di uno che ci nuota tutti i giorni? E poi vorrei anche allargare il discorso sulla rappresentazione della fatica, già affrontata sotto molto aspetti nel corso della storia, ma mai inquadrata nel mondo dello sport. La penso come un ponte tra la mia vita da atleta e l’arte». Tornando alla sua vita, così densa di impegni e organizzata, non si può non tirare in ballo il suo gruppo sportivo militare: l’appartenenza all’Esercito ha contribuito? «Così come per l’acqua, anche l’Esercito ha sempre fatto parte della mia vita. Mio nonno è stato Generale di corpo d’armata, mentre mio babbo ha svolto l’addestramento nell’Accademia di Modena. Ho ricevuto un’educazione corretta, non eccessivamente rigida ma sicuramente inquadrata su quelli che sono i valori della vita: impegno, sacrificio, rispetto e lealtà. Grazie ai risultati ottenuti nel nuoto ho avuto il privilegio e l’onore di poter entrare nel Centro Sportivo Olimpico a settembre 2017. Faccio parte di una grande famiglia che ti sostiene».