Piero Lugano, Il signore degli Abissi

di Martina Grandori

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utto nasce da un sogno, un’illuminazione: dalle Nozze di Cana, dove l’acqua venne trasformata in un ottimo vino, l’idea di chieder aiuto all’acqua per invecchiare al meglio il suo spumante.

Piero Lugano, viticoltore di Barolo trapiantato a Zoagli con la sua famiglia, professore di Storia dell’arte, di Archeologia e Disegno architettonico, sommelier affermato, una passione che diventa un progetto di vita a fine anni ’70 quando conobbe e poi sposò Wally Bisson.

Piero Lugano
Piero Lugano

Valorizzazione particolari uve della Riviera Ligure del Levante acquistate da contadini sparsi sul territorio e vinificarle nella propria cantina di Sestri Levante. Nel 1978 il grande passo, hanno impiantato vigne e avviato da zero una filiera produttiva autonoma e sperimentale, a rigorosa limitazione di fitofarmaci.

Oggi i risultati sono rinomati a livello internazionale, la carta dei vini comprende dai rossi, ai bianchi, alle grappe al famoso spumante degli Abissi, il metodo di affinamento a 60 metri sott’acqua che è valso a Piero Lugano il titolo di padre delle bollicine liguri.

Sulla cantina Bisson lo scorso gennaio stato pubblicato Il Signore degli Abissi (Comunica Ed.), libro scritto dal giornalista Paolo Massorbio dove, oltre alle schede dei vini Bisson, c’è una lunga intervista a Piero Lugano in cui si racconta fra aneddoti e immagini, storie di famiglia, e la sua avventura delle bollicine invecchiate fra i pesci.

Piero Lugano e Paolo Massorbio alla presentazione del libro "Il Signore degli Abissi"

Il progetto nasce parecchi anni fa, quando in Italia non se ne parlava ma è nel 2008 la prima annata di Abissi.

«Circolano un’infinità di inesattezze su questa tecnica che di fatto non è un’invenzione dei nostri tempi ma un qualcosa di antichissimo, basti pensare alle anfore di epoca fenicia inabissate che hanno conservato ancora oggi il vino. Tutto merito dell’assenza di ossigeno» spiega al telefono il viticoltore ligure.

«Ero nella mia casa a Zoagli, erano gli inizi degli anni Novanta e una notte sognai le nozze di Cana, quando Gesù compì il suo primo miracolo trasformando l’acqua in un vino squisito e profumato, il migliore servito al banchetto. Mi ricordai delle parole di un mio professore del liceo, di certe anfore ritrovate nelle grotte nella campagna romana e delle ceneri del vino. Avevo tutto chiaro, l’acqua sarebbe stato l’elemento da cui sarei partito per produrre il mio spumante degli Abissi».

Studiò e approfondì questa idea di sfruttare l’assenza di ossigeno, una temperatura costante, 15 C° tutto l’anno a 60 metri di profondità, le correnti marine e partì. A fine anni Novanta stilò un protocollo da sottoporre al Ministero delle Politiche Agricole, l’obiettivo era dimostrare la validità del suo percorso di affinamento – di fatto antichissimo se si pensa ai vini di età fenicia ritrovati – che poteva essere replicato anche nel mondo contemporaneo.

Ci riuscì e oggi è un vademecum accreditassimo sull’argomento. Ma torniamo alla condizione fondamentale di questa tecnica, l’assenza di ossigeno: sui fondali l’osmosi non si verifica e una sostanza viva e dinamica come il vino affronta molto meglio il processo di affinamento proprio grazie a questa condizione.

Ogni bottiglia di Abissi entrata in acqua e ci sta un tempo molto variabile, anche 15 anni, dipende dalla maturazione del vino. Per 3 mesi le bottiglie stanno a testa in giù, i sedimenti si depositano su uno speciale tappo in acciaio progettato da Arinox per Bisson. Ma non è finita, per garantire l’assoluta salubrità è fondamentale l’ermeticità, non può entrare acqua, ed è per questo che il tappo in sughero viene messo dopo un procedimento di immersione a -35C° dove il ghiaccio ha un ruolo fondamentale nel cambio del tappo dall’acciaio al sughero.

E poi c’è quell’aspetto emozionale, del vissuto, un piccolo batticuore regalo delle correnti marine: le bottiglie Abissi riemergono dai fondali con i segni del tempo trascorso in acqua, quei sedimenti, quelle tracce vive avvisaglie di un trascorso speciale. Non poteva essere diversamente per l’etichetta di Piero Lugano.

Sono Martina Grandori, vivo quotidianamente con il senso dell’umorismo e alla ricerca dell’estetica, tento di migliorarmi ogni giorno in nome di una magica evoluzione, nutrendo il mio giardino degli interessi. Adoro scrivere, lo faccio da vent’anni in qualità di giornalista specializzata in lifestyle, prestata poi al mondo dell’ambiente e della sostenibilità. Sono madre di due bambine che hanno rivoluzionato la mia vita in positivo, da sempre vivo nella bellissima Milano, città che adoro perché ha moltissimo da offrire oltre allo smog.

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