di Redazione
n mare intriso di storia, il Mediterraneo: innumerevoli le scoperte che negli anni si sono succedute nelle sue acque, inedite meraviglie archeologiche scovate quasi per caso a rivelare spaccati di civiltà antiche dall’ineguagliabile valore.
Soltanto a fine luglio, nell’Isola delle Femmine a Palermo, grazie a una ricognizione effettuata a bordo della nave oceanica Calypso South dell’Arpa Sicilia, è stata ritrovata a 92 metri di profondità una nave romana del II secolo a.C.
contenente anfore per il vino, seconda scoperta in poche settimane ma non certo l’ultima: in ordine di tempo, infatti, la più recente corrisponde alla nave romana risalente al IV-V secolo d.C., rinvenuta a poco meno di centro metri di profondità negli abissi delle isole Egadi.
Teatro di centinaia di battaglie, le Egadi – circa 7 chilometri dalla costa occidentale della Sicilia, tra Marsala e Trapani, già note in passato con la denominazione latina Aegates – risuonano ancora delle grida dei marinai che qui combatterono: leggenda narra che il mare in cui si svolse nel 241 a.C. la battaglia romana per la conquista di Favignana, Marettimo e Levanzo – in seguito al conflitto
navale conclusivo della Prima Guerra Punica, in cui Gaio Lutazio Catulo sgominò la flotta cartaginese – divenne rosso a causa del sangue riversato dai combattenti. Fu per questo motivo che una delle spiagge più belle di Favignana, Cala Rossa, sarebbe stata ribattezzata con questo nome.
Tornando ai giorni nostri, il relitto ad alta profondità – individuato per la precisione a 98 metri – presenta un carico integro di anfore del tipo Almagro 51C, originarie della penisola iberica. Il rinvenimento è il risultato di due campagne di ricerca effettuate in questo specchio d’acqua tra il novembre 2020 e il luglio 2021, per mezzo di un side scan sonar a bordo dell’Hercules che ha fornito indicazioni determinanti. Le indagini sono state possibili grazie al coordinamento della Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia con la Rpm Nautical Foundation, organizzazione non-profit che dal 2005 sostiene la ricerca archeologica marittima della regione, mentre le rilevazioni hanno avuto luogo mediante l’AUV (Autonomous Underwater Vehicle) e il ROV (Remotely Operated Vehicles) ossia per mezzo di avanzati strumenti di robotica che hanno permesso di individuare i resti della nave e il suo carico. Tali rivelazioni saranno delineate nel dettaglio con la restituzione in 3D che nel 2022 realizzerà la SopMare, in collaborazione con l’Università di Malta, grazie alle abilità del professor Timmy Gambin.
«L’eccezionale scoperta – ha rivelato la soprintendente Valeria Li Vigni – è la conferma di quanto già sostenuto dalla Soprintendenza del Mare sin dai tempi del compianto Sebastiano Tusa, che aveva individuato nel mare delle Egadi una fonte inesauribile di microstorie tese alla conoscenza e alla scoperta non solo della Sicilia, ma dell’intero Mar Mediterraneo». «Questa scoperta – aggiunge
l’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – è l’ennesima dimostrazione di un lavoro incessante che prosegue sui nostri fondali alla ricerca di siti archeologici sommersi, che consentono di ricostruire le vicende dell’antichità. L’utilizzo sempre più frequente delle nuove tecnologie nel campo della ricerca subacquea sta portando risultati soddisfacenti, aprendo il Mediterraneo a una lettura più ampia e dettagliata. La Sicilia è un prezioso scrigno di tesori il cui valore è quello di arricchire di dettagli la narrazione sui movimenti nel Mediterraneo, in un tempo in cui la regione si trovava strategicamente al centro di relazioni commerciali e scambi internazionali».