La pizza perfetta? Dipende dall’acqua dell’impasto, Napoli docet

di Martina Grandori

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utti pazzi per la pizza, un cult mondiale della cucina italiana diventato Patrimonio Immateriale dell’Unesco, eletto il piatto della felicità, celebrata ieri in tutto il mondo ieri con il Pizza Day (il 17 gennaio è giorno in cui viene festeggiato Sant'Antonio Abate, patrono dei pizzaioli), una delle infinite giornate mondiali ma che in questo caso merita una riflessione, soprattutto per gli italiani, padri di questa delizia per il palato.

Napoletana, scrocchiarella, al taglio o al padellino. Ma anche in pala alla sorrentina, alta e morbida come la Gourmet di scuola veneta. La pizza in Italia è un variegato mondo di sapori, forme, consistenze e tipicità locali, è un viaggio culturale. Ognuno ha la sua preferita, ognuno vuole sempre dire la sua, siamo latini e sarebbe impossibile mettere tutti d’accordo unanimemente, è un po’ come il caffè.

Ma su un punto, fondamentale, non c’è pizzaiolo, chef o appassionato in materia che non concordi: l’acqua, quell’elemento naturale che tutto può. Non è vero che a determinare l’ottima qualità dell’impasto ci sono solo gli ingredienti e la lievitazione, l’acqua gioca un ruolo determinante (il 55-60% rispetto al peso della farina) e non deve assolutamente essere in bottiglia, a Napoli quella del fiume sotterraneo Sebeto era la più acclamata. Anzi.

L’acqua per l’impasto deve avere delle caratteristiche chimico-fisiche precise e contenere alcuni elementi che nell’acqua in bottiglia non sono presenti in quanto si tratta di un liquido statico, che resta a lungo a contatto con la plastica.

Quella del rubinetto – partendo dal presupposto che è potabile – ha nella maggior parte dei casi una durezza media (5-20), ossia abbia al suo interno disciolta una quantità ragionevole di ioni di calcio e di magnesio, quei sali minerali che arricchiscono l’impasto, e un pH di acidità intorno ai 5-6.

Oltre a idratare i componenti macro-molecolari dell’impasto; consente la formazione del glutine; regola le attività enzimatiche; è indispensabile per la funzione del lievito; idrata i granuli d’amido durante la cottura e ha un effetto solvente per il glucosio, il saccarosio ed il sale.

Altro fattore rilevante per l’acqua dell’impasto è la temperatura: quella dell’impasto a fine impastamento è importantissima per una lievitazione costante e regolare.

Insomma, sembra un cibo facile ma invece c’è un disciplinare chiaro da seguire per ottenere un impasto a regola d’arte, fra i diktat la farina di grano tenero, il lievito di birra, l’acqua ovviamente e un pizzico di sale.

La farcitura da manuale non sconfina oltre i confini di ottimi pomodori pelati, olio d’oliva extravergine e una mozzarella di prima qualità, perché è risaputo che anche i cibi più facili, in realtà celano procedure antiche, lente e molta cultura.

Sono Martina Grandori, vivo quotidianamente con il senso dell’umorismo e alla ricerca dell’estetica, tento di migliorarmi ogni giorno in nome di una magica evoluzione, nutrendo il mio giardino degli interessi. Adoro scrivere, lo faccio da vent’anni in qualità di giornalista specializzata in lifestyle, prestata poi al mondo dell’ambiente e della sostenibilità. Sono madre di due bambine che hanno rivoluzionato la mia vita in positivo, da sempre vivo nella bellissima Milano, città che adoro perché ha moltissimo da offrire oltre allo smog.

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