La Isole Tuvalu saranno la prima “nazione digitale” al mondo

di Redazione

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l grido d’allarme delle Isole Tuvalu, ribadito in occasione dell’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop27), si fa ogni giorno più pressante. L’Oceano Pacifico ha sommerso già due dei nove atolli dell’arcipelago collocato tra le isole Hawaii e l’Australia, che affronta il countdown verso la scomparsa cercando una nuova terra per il suo popolo di quasi dodicimila abitanti, distribuiti su 26 chilometri quadrati.

Il quadro descritto dal premier Kausea Natano è inquietante: «Abbiamo quasi la certezza di un’inondazione definitiva. L’aumento della temperatura oceanica comporterà lo scioglimento dei ghiacciai e maree sempre più alte; campi, villaggi, strade e linee elettriche verranno spazzate via. Quando l’oceano si alza, inoltre, l’acqua salata penetra nelle falde che forniscono la nostra acqua potabile. E il sale cosparso sul terreno ridurrà drasticamente sia i raccolti che la vegetazione».

Se è ormai assodato che diversi atolli del Pacifico sono a forte rischio inagibilità entro la fine di questo secolo, per le Tuvalu – dove le cosiddette maree reali hanno già sommerso più volte la pista di atterraggio dell’aeroporto – questo scenario potrebbe essere accelerato entro due o tre decenni, in quanto il piccolo Stato insulare polinesiano si trova appena pochi metri sopra il livello del mare.

Si cercano soluzioni per salvarlo dall’annegamento e non disperderne patria e cultura. La prima è quella di sollevare il terreno fino a cinque metri mediante una bonifica del suolo, ma si tratta di un piano difficile che, se fallisse, necessita di una pronta alternativa: ad esempio, la ricerca di nuova terra ospitale nella vicina Australia, dove per gli abitanti della “New Tuvalu”, come potremmo definirla, si porrebbero i problemi di mantenere sovranità, cittadinanza, lavoro e diritti.

Le Tuvalu autentiche si trasformerebbero così in un angolo di paradiso virtuale: «Per preservare conoscenza e storia, indipendentemente da ciò che accadrà nel mondo fisico una volta sommersi, non avremo altra scelta che trasferirle nel cloud e diventare la prima nazione digitale al mondo», ha dichiarato Simon Kofe, ministro per la Giustizia, le Comunicazioni e gli Affari Esteri, durante un discorso in giacca, cravatta e bermuda tenuto nel bel mezzo del mare. Una simile configurazione assicurerebbe, quantomeno, una sopravvivenza giuridica: «L’idea è di continuare a funzionare come Stato, oltre a preservare le nostre radici in uno spazio digitale», ha aggiunto Kofe.

Trattandosi di un progetto per ora solo annunciato, le modalità di una sua concreta attuazione non risultano ancora ben definite. Eppure, malgrado uno scenario potenzialmente drastico – quello che lo renderebbe il primo Paese a sparire dalla carta geografica in conseguenza del surriscaldamento globale – la soluzione di continuare a esistere nel Metaverso rappresenta una speranza valida e percorribile.

Simon Kofe, ministro per la Giustizia, le Comunicazioni e gli Affari Esteri

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