Fire Island, l’isola selvaggia al largo di New York

Sabbia, vento, oceano e tanto legno, quello dei pini e quello delle case progettate negli anni Settanta da Horace Gifford per mantenere l’ambiente il più naturale possibile. L’isola dei sogni per vacanze rilassate è questa

di Carolina Saporiti

U

n’isola selvaggia, dove non circolano le automobili, la maggior parte delle case sono costruite in legno e dove abitano solo 400 persone circa durante l’anno, che diventano molte di più durante i giorni festivi e i periodi di vacanze.

Fire Island, New York

Non è un’isola del Mediterraneo o del Nord Europa, ma è Fire Island, un’isola parallela a Long Island che si raggiunge con il traghetto in un’ora e mezza circa da New York. Se oggi è un luogo di villeggiatura, amato da chi è in cerca di un posto “fuori dal mondo”, negli anni Settanta fu un posto rivoluzionario. In quegli anni, infatti, sull’isola visse e lavorò l’architetto modernista Horace Gifford che progettò una sessantina di case, segnando l’architettura dell’isola, soprattutto nelle aree The Pines e The Grove.

Oltre a essere bellissime, le case di Horace Gifford erano ai tempi incredibilmente moderne e visionarie, proprio come era lui. Dedicava infatti molta attenzione alla natura e all’aspetto sostenibile, ispirato dal paesaggio oceanico dell’isola e diceva: «Un giorno impareremo a convivere con la natura, invece di vivere in essa».

Fire Island Town, New York

Si lasciava ispirare dalla natura del luogo (maree, sabbia, vento e pini), riuscendo a trasmettere la forza del paesaggio nelle sue abitazioni. Per creare il minimo stacco tra interno ed esterno e per invitare le persone a trascorrere la vita all’aria aperta, Gifford usava quasi esclusivamente materiali disponibili sull’isola, come cedro e sequoia.

Fire Island Light House

Ma Fire Island fu anche un luogo importante a livello sociale: qui si stabilì e visse liberamente la propria sessualità la comunità gay newyorchese. The Pines divenne un luogo libero dove le persone omosessuali potevano finalmente vivere le loro relazioni senza doversi nascondere. E grazie a questo carattere progressista, Fire Island attirò anche tanti artisti e intellettuali: Truman Capote scrisse qui Colazione da Tiffany, habitué erano anche Luciano Pavarotti, Liza Minnelli, Peter Allen, Yoko Ono, Calvin Klein e Michael Bennet.

Fire Island Town, New York

Se da allora tante cose sono cambiate e altre sono sparite, il lato “selvatico” è rimasto lo stesso: il turismo qui è lento. Si viene per passeggiare sulle dune di sabbia, incontrando animali liberi o per raggiungere il faro da dove, nelle giornate più terse, si può vedere Manhattan.

Fire Island Beach, New York

Soprattutto però si viene per riposare e non c’è posto migliore per farlo che andare in spiaggia: le più belle dell’isola sono quelle del Robert Moses State Park, Smith Point County Park e Ocean Beach, una spiaggia di sabbia bianca finissima che si trova nella zona più viva dell’isola con ristoranti, bar e negozi ed è qui che si trova l’hotel più famoso, Palms Hotel. Tra la baia e l’Oceano c’è una riserva naturale bellissima, Sunken Forest, con diversi sentieri che si possono seguire da soli o in un tour guidato con un ranger del luogo.

L’isola si raggiunge in traghetto e il biglietto costa 25 $ a/r. Alcune delle case di Gifford e altre di architetti altrettanto famosi, come Carl Stein, sono in affitto (i prezzi variano da 400 a 1.000 euro a notte).

Laureata in Lettere Moderne, sono giornalista professionista dal 2011 e vivo a Venezia. Collaboro con diverse testate online e offline. Mi piace scrivere di cose belle e buone: viaggi, cibo&vino, cultura e ambiente. Amo camminare, in spiaggia o nei boschi. Sono curiosa, leggo e prendo sempre appunti.

TOP

 

 

Nasce il nuovo progetto di comunicazione che unisce sotto un’unica piattaforma online gli appassionati del mondo dell’acqua declinato in tutte le sue forme.

 

La parola acqua deriva dal latino “aqua”, che a sua volta ha una radice indoeuropea, la stessa della parola onda, che passando dal greco diventa “unda” in latino.

Acqua e onda: ovvero identica radice linguistica per due elementi che non possono esistere l’uno senza l’altro. 

 

Le onde sono un movimento perpetuo, sono il fluido che rappresenta l’impulso positivo al cambiamento.

 

Da qui nasce l’avventura di “On the Blue”: che ogni giorno vi condurrà in un viaggio in compagnia di chi questo elemento lo vive e lo ha vissuto.

 

SEGUI LE NOSTRE

“ONDE BLU”!!!