Surfare fino ai 100: Felipe Pomar e il mito dello tsunami cavalcato

di Manuel Gavini

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na vita dedicata all’oceano, trascorsa tra il surf e – alla veneranda età di 79 anni – la voglia matta di alimentare la stessa passione per molto tempo ancora. E pensare che il mare non lo considera nemmeno un suo amico: «All’inizio credevo lo fosse, poi ho capito che è natura: ti mette al tuo posto per farti capire che sei solo un granello di sabbia».

Esegesi di vita firmata dal mito del surf Felipe Pomar, il quale però non intende arrendersi al suo stesso pensiero e anzi continuerà a sfidare le onde, magari per entrare nel novero dei surfisti centenari, dove peraltro potrebbe trovarsi in ottima compagnia (Nancy Meherne ne ha 92!).

Un nome che forse non suonerà familiare ai surfisti moderni, ma la cui storia racconta ben altro, visto che si tratta del campione mondiale 1965 nella competizione attualmente nota come World Surf League (WSL), ai tempi in cui la neonata lega di surf si chiamava ancora International Surfing Federation (ISF). «L’ISF mi mandò l’invito e un biglietto aereo – ricorda Pomar nel corso dell’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport – avevo alle spalle già due inverni di allenamento e dei 60 partecipanti in gara solo pochi avevano la mia esperienza su onde di una certa stazza».

Così, nonostante gareggiasse con surfisti preceduti da una migliore reputazione, portò sul tetto del pianeta il suo Perù dopo 40 anni di assenza dai podi mondiali, nonostante il mite clima del Paese sudamericano – che lambisce il Pacifico con una costa lunga tremila chilometri – fosse considerato ideale per praticare surf.

Due le cause di questo lungo “digiuno”, sostenute dallo stesso Pomar: una di stampo economico, per cui l’industria del surf è più piccola rispetto agli Stati Uniti, al Brasile o all’Australia, «quindi i nostri atleti non hanno molti aiuti»; e un’altra di natura tecnica quanto paradossale, secondo cui i peruviani sono abituati ad allenarsi su cavalloni grossi, perciò «partono da sfavoriti quando surfano sulle onde più piccole» che trovano di solito in ambito internazionale.

Probabilmente, però, Felipe Pomar è rimasto impresso nella leggenda soprattutto per un’impresa non agonistica, risalente al 3 ottobre 1974, quando l’atleta oltrepassò i propri limiti avventurandosi nell’insana impresa di cavalcare lo tsunami che quel giorno colpì la zona sud di Lima. Pur vivendo da qualche anno alle Hawaii, Pomar si stava allenando proprio nella città che nel 1943 gli diede i natali quando il sisma fece tremare la terra per un interminabile minuto e mezzo. Non era solo, ma in compagnia dell’amico, collega e compagno di follie Federico “Pitty” Block, il quale raccolse lo spericolato invito a entrare in acqua.

Da sempre Felipe aveva intuito, esplorando la costa insieme agli altri pionieri latinoamericani, che in un punto del fondale nella zona di Punta Hermosa, davanti alle isole di Pachacámac, poteva rompere un’onda gigante. «Ma la nostra era soltanto un’ipotesi, in realtà non potevamo saperlo». L’occasione per scoprirlo arrivò attorno alle ore 9:30 di quella tragica mattinata, mentre lui e Pitty Block si stavano allenando da quelle parti.

«La scossa durò tantissimo e pensai fosse la fine del mondo – racconta – ma quando terminò dissi a Pitty: che facciamo, torniamo a surfare?», Quel disastro naturale aveva appena mietuto 252 morti e 3.600 feriti, ma nessuno dei due poteva ancora saperlo. Prevalse l’incoscienza: si buttarono in acqua, sperando di surfare le enormi onde di marea che generano i terremoti.

Riuscirono a cavalcarne una a testa, non senza quel brivido che Pomar sente ancora addosso a 48 anni di distanza: «Il mare si ritirò circa due chilometri fuori dalla costa. Accaddero cose che non avevo mai visto: strani mulinelli nell’acqua, onde che frangevano dappertutto, un peschereccio sbattuto contro gli scogli come fosse un moscerino. Capii che potevo morire, ma surfammo comunque onde gigantesche a partire da Playa la Isla e uscimmo a Kontiki, diversi chilometri più a sud. Per fortuna vivi».

Quasi mezzo secolo è trascorso da quell’esperienza, anni durante i quali Felipe non solo non ha mai smesso di surfare, ma anche aggiunto alla sua innata passione l’ambizione di raggiungere un clamoroso obiettivo. Si tratta del motivo per cui, dopo diversi rinvii a causa della pandemia, nel 2023 sarà a Chicama per la Perù Expedition: un viaggio finalizzato a incentivare il surf in età avanzata nell’ambito del progetto Surf Till 100, che si prefigge come obiettivo quello di domare la tavola fino ai cento anni, con tutti i benefici che ne derivano. «Non sono sicuro di poterci riuscire, ma tenterò in ogni modo: nulla è impossibile», Del resto, alla soglia degli 80 anni, l’oceano rappresenta ancora il suo habitat naturale e le onde il suo pane quotidiano.

Mi chiamo Manuel, ho 33 anni e osservo da sempre con interesse ogni forma acquatica generosamente offerta dalla natura. Laureato con lode in Relazioni Internazionali nel 2012, dal gennaio successivo sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti. Il mio hobby preferito è viaggiare, ovunque, ma quando devo scegliere tra mare e montagna non ho dubbi: il richiamo dell’acqua è troppo forte! In questa foto mi trovo a Capri, durante la mia ultima vacanza "on the blue", immerso nell’inestimabile panorama con vista Faraglioni.

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