
di Manuel Gavini
on il Natale ormai alle porte, il posto più affollato (pandemia permettendo) per commemorare la nascita di Gesù diventa inevitabilmente – come da 2021 anni a questa parte – la chiesa. Si tratta del luogo sacro per eccellenza, anche se il mondo globalizzato ha sdoganato così tanti tabù che non poteva certo lasciar fuori la sede che riunisce comunità di fedeli in ogni angolo del pianeta.


Se a ciò si aggiunge che, nella religione cristiana, l’acqua è universalmente riconosciuta come elemento purificatore, passaggio salvifico dalla morte spirituale alla vita eterna, ecco che, volendo, una chiesa sconsacrata può trasformarsi nella location più suggestiva per una nuotata memorabile, come nel caso della londinese Virgin Active Repton Park, di cui vi raccontammo qualche tempo fa.


Mentre sguazzare in una piscina all’interno di una chiesa sconsacrata può dirsi un’esclusiva british, almeno un paio di strutture italiane disseminate lungo la penisola dimostrano che la contaminazione tra l’acquatico e il sacro può essere mantenuta senza valicare i limiti offerti da un piacere che, come quello d’oltremanica, potrebbe dirsi…soprannaturale. È il caso, ad esempio, della misteriosa “chiesa protettrice dei surfisti”, nascosta dietro a un portone di via Monte Napoleone, probabilmente la zona più elegante di Milano.

La chiesa è accessibile subito dopo aver varcato il grande ingresso in legno, che cela alle sue spalle l’opera di Giuseppe Buzzi. In uno spiccato stile barocco e rococò, decisamente insolito per la città meneghina, al suo interno trova posto un massiccio e ricco altare in pietra dura, contornato da lapislazzuli e dalla pala raffigurante San Francesco di Paola. Secondo la leggenda, quest’ultimo – protettore della gente di mare e dei surfisti – riuscì miracolosamente ad attraversare lo stretto di Messina stendendo sull’acqua il suo mantello, utilizzato a mo’ di tavola da surf.
Storie mitologiche a parte, il tutto è reso ancor più curioso e stravagante dalla circostanza di trovarsi in una strada extra lusso della città più cosmopolita d’Italia, e non – come ci si potrebbe aspettare – in una ridente località balneare baciata dal sole ogni giorno dell’anno.

In tal senso, decisamente meno sorprendente a livello di collocazione geografica ma altrettanto singolare come significato strutturale, è la cosiddetta “chiesina dei pescatori”, luogo di culto cattolico collocato nel porto di Viareggio, nei pressi del moletto Sanità. Nota anche come chiesina del porto o dei marinai, essa fu concepita come espressione della devozione ai pescatori e ai lavoratori portuali. Come il diminutivo lascia immaginare, è di dimensioni molto ridotte e comprende appena un’angusta canonica, oltre a un campanile a vela di mattoni rossi recentemente ristrutturato.

L’interno della chiesa, a navata unica, è in stile marinaro: le panche sono composte di robuste tavole in legno e catene navali, l’acquasantiera è una grande conchiglia ed è ben visibile una statua della Madonna alla quale un’àncora funge da piedistallo. Sulla parete di fondo trova posto il tabernacolo in ferro, il cui sportello è decorato con due pezzi di catena saldati insieme a formare una croce; l’altare è un blocco di travertino, simile a quello di cui sono fatti i bordi dei moli; sulla parete esterna è dipinto il “Cristo dei pescatori”, realizzato dall’artista Menghino, al secolo Giovanni Lazzarini.


La chiesina dei pescatori ospitava originariamente la stazione sanitaria marittima, eretta dopo la prima guerra mondiale; uscita disastrata dal secondo conflitto bellico, fu rimessa a nuovo nel 1955 dal prete-operaio viareggino Don Sirio Politi.
Chissà che un domani, al posto di reiterati Padre Nostro o Ave Maria purificatori, all’atto della confessione il sacerdote di turno non suggerisca per redimersi una serie di ripetute in vasca, in stile libero, dorso o magari, per i più peccaminosi, anche rana e farfalla. Ironie a parte, talune realtà come quelle descritte paiono offrire la possibilità di rinvigorire anche il corpo, in un luogo sacro laddove secoli addietro trovava refrigerio soltanto l’anima.