La “Bubble Barrier” che intercetta la plastica dai fiumi ai mari

di Redazione

L

e statistiche sono sempre lì a ricordarci che oltre il 60% dei fiumi e laghi italiani è inquinato, tra pesticidi, antibiotici, creme solari ma soprattutto microplastiche, e che per rimuovere quest’ultimo problema non risulta più efficace l’adozione di soluzioni tradizionali.

Bubble Barrier

L’importanza di dire addio alle bottiglie deve coniugarsi con metodi alternativi e soprattutto innovativi, che contribuiscano a ridurre – e alla svelta – questa ignobile percentuale.

Dopo avervi raccontato del progetto River Cleaning e dell’Harbor Skimmer  è tempo di dare spazio alla Great Bubble Barrier, sistema lanciato ad Amsterdam dall’idea di una start-up olandese a ridosso della pandemia e operativo in via sperimentale 365 giorni l’anno, 24 ore su 24.

Bubble Barrier

La logica del “muro” è quella di arrestare lo scorrimento della plastica che dai fiumi si riversa in mare mediante la formazione di una diga a mo’ di tenda. La tecnologia prevede l’immersione sul fondale del corso d’acqua di un tubo diagonale forato di diversi metri, all’interno del quale un compressore pompa aria, in modo che il flusso di milioni di bolle sparato verso l’alto spinga in superficie i rifiuti.

Il resto del lavoro è opera della corrente naturale che indirizza gli stessi verso le sponde della riva, all’interno di collettori situati in un’apposita piattaforma propedeutica alla loro rimozione. La raccolta lungo gli argini non interferisce in alcun modo con le attività umane e la vita indisturbata dei pesci, né comporta la chiusura del canale, così da lasciare la navigazione ininterrotta.

Bubble Barrier

I dati raccolti dall’analisi dei rifiuti rivelano sin dai primi test una capacità d’intercettazione delle microplastiche galleggianti, fino a un millimetro di grandezza, pari addirittura all’86%. Una percentuale molto significativa, ancor più se supportata da un sistema reticolare di raccolta già attivo nella rete di canali al di là del Westerdok, dove il progetto è entrato in funzione per la prima volta, finalizzato a sbarrare la strada ai rifiuti che viaggiano verso la foce.

Bubble Barrier

«Oltre due terzi della plastica presente negli oceani arriva dai fiumi – è l’ulteriore statistica inquietante rivelata al The Guardian da Philip Ehrhorn, uno dei fondatori della start-up, utile per spiegarne la ratio – e dunque i canali stessi sono il luogo migliore per intercettarla. Allo stesso tempo, però, non volevamo installare una barriera fisica a discapito della fauna e di ogni attività»

Bubble Barrier

Visti i risultati, la positiva sperimentazione della Great Bubble Barrier si è subito posta l’obiettivo di estendere il proprio meccanismo al maggior numero possibile di corsi d’acqua. La prima installazione dopo i Paesi Bassi è stata recentemente completata nel distretto lusitano di Porto.

Il conteggio dei materiali intercettati nella capitale olandese, effettuato dal gruppo di attivisti Schone Rivieren (“Fiumi Puliti”), ha stimato attorno ai 42.000 i chili di plastica raccolti ogni anno: se la barriera di bolle dovesse ripetere numeri simili in altri fiumi, allora sì che la portata dell’invenzione potrà dirsi rivoluzionaria.

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La parola acqua deriva dal latino “aqua”, che a sua volta ha una radice indoeuropea, la stessa della parola onda, che passando dal greco diventa “unda” in latino.

Acqua e onda: ovvero identica radice linguistica per due elementi che non possono esistere l’uno senza l’altro. 

 

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