River Cleaning, un progetto italiano per recuperare i rifiuti nei fiumi

di Redazione

L'

impatto dell’essere umano ha effetti sempre più devastanti sul pianeta, con scarti di ogni tipo che continuano a essere riversati nei nostri mari. I numeri della distruzione da plastica sono da allarme rosso – su tutti, quello che vede 8 milioni di tonnellate scaricate ogni giorno negli oceani – senza contare che il 50% di tali articoli sono monouso, intensificando ulteriormente un livello di criticità già inaccettabile e generando vere e proprie isole di plastica.

La più grande è la Great Pacific Garbage Patch, nell’Oceano Pacifico, con dimensioni pari a quelle della penisola iberica. In pochi sanno che l’80% dei rifiuti arriva in mare provenendo soprattutto da corsi d’acqua minori come i fiumi: infatti, è attraverso questi ultimi che un detrito raggiunge gli oceani, impiegando circa 20 anni.

A livello globale, sono almeno 700 le specie marine minacciate dalla plastica. La mission del progetto italiano ecosostenibile “River Cleaning Plastic & Oil” è intervenire sul problema sfruttando questo lasso temporale a lunga gittata, ma il principale ostacolo nell’operare in ambienti fluviali consiste nella necessità di trovare una soluzione comune e adattabile a situazioni molto diverse tra loro, tanto in termini di larghezza e profondità del corso d’acqua, quanto in termini di navigabilità.

Le soluzioni attualmente utilizzate includono installazioni galleggianti fisse o mobili come barriere e reti, contemplando esclusivamente tecniche che portano alla chiusura, anche solo temporanea, della viabilità del fiume; inoltre ogni installazione richiede mezzi specifici, altrettanti studi e, dunque, costi molto elevati.

Al contrario, la soluzione alternativa proposta da River Cleaning è rappresentata da una serie di boe galleggianti, disposte trasversalmente sul corso del fiume: ruotando su loro stesse grazie alla corrente dell’acqua, esse riescono a intercettare il rifiuto e a convogliarlo sulla riva del fiume, in un’apposita area di stoccaggio. Tale sistema si configura come rivoluzionario poiché a basso impatto ambientale e autoalimentato, per un’autonomia operativa 24/7, senza la necessità di manodopera giornaliera e pertanto non particolarmente costoso.

Le prestazioni analizzate al computer risultano estremamente elevate, con una percentuale di efficacia pari all’85% dei rifiuti plastici intercettati. I suoi dispositivi, inoltre, sono in grado di adattarsi a qualsiasi corso d’acqua, avendo dimensioni variabili a seconda della conformazione e delle esigenze specifiche dello stesso, senza impedire il transito di barche e canoe né disturbando la fauna. Non va poi dimenticato che recuperare i rifiuti nei fiumi è il modo migliore per creare nuovi prodotti riciclati: il mare, infatti, restituisce materiale molto più corroso e quindi con meno possibilità di essere riutilizzato.

Oltre alla plastica, River Cleaning può recuperare anche oli e altri liquidi inquinanti sversati nei fiumi, avendo messo a punto un sistema che propone due soluzioni: quella più semplice funziona grazie al principio delle spugne assorbenti ed in grado di affrontare il problema nei piccoli corsi d’acqua, mentre la più sofisticata – concepita per i grandi sversamenti e utile in caso di incidente in mare – consiste in un sistema meccanico centralizzato di aspirazione e filtraggio che permette a grandi volumi di acqua di essere rigenerati, riducendo radicalmente la contaminazione.

La soluzione all’inquinamento del mare proviene dal Veneto e precisamente dalla Mold S.r.l., azienda operativa nel settore dei materiali termoplastici, fondata nel 2008 da Vanni Covolo, CEO e proprietario del brevetto River Cleaning, che ha recentemente ottenuto la certificazione di sostenibilità Friend of the Sea. Tenuto conto della statistica secondo cui il 95% dei rifiuti si inabissa quando arriva in mare, 

Covolo ha evidenziato la necessità dell’intervento preventivo quando il rifiuto si trova ancora nel fiume, cioè «prima che diventi, paradossalmente, problema di tutti e responsabilità di nessuno». «Ora cerchiamo un partner industriale per proporre il nostro sistema anche all’estero – aggiunge Covolo – perché l’inquinamento da plastica è un’emergenza globale che necessita di un dialogo con interlocutori che condividono la nostra visione, per instaurare un rapporto di mutua crescita: tante gocce assieme fanno un oceano. Senza plastica, possibilmente».

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