Il romano ha vissuto sulla sua pelle la trasformazione di questo sport, oggi ci spiega anche cosa sta succedendo alle qualifiche olimpiche di San Salvador: «Fioravanti può farcela»
di Roberto Parretta
l surf oggi ha due anime: quella iper professionale dei campioni seguiti da staff specializzati e inseguiti dagli sponsor, ma anche quella che resta affezionata alla filosofia delle origini fondata su natura e amicizia. Il 49enne surfer romano Alessandro Marcianò questa trasformazione l'ha vissuta e la sta vivendo sulla sua pelle ed è per questo la persona più adatta per interrogarsi su quale delle due anime possa prevalere negli appassionati di una disciplina così unica. «Il surf degli anni 60, quello dei Beach Boys e delle tavole legate sul tetto del furgoncino – ci racconta Marcianò - è finito ormai. Ogni stereotipo è stato spazzato via, sono rimasti pochissimi puristi a seguire ancora quell'idea. Questo perché lo sport si è evoluto tantissimo, i surfisti sono dei veri e propri atleti, sono seguiti da team numerosi e altamente specializzati, che li sostengono sotto ogni aspetto, dall'allenamento alla visibilità, alla ricerca degli sponsor, perché tutto porti a stipendi anche importanti».
Il surf, infatti, ha decisamente superato i confini nei quali per decenni è stato chiuso. «Le onde – dice Marcianò – sono sempre più piene, gli spot sovraffollati in tutto il mondo. Il surf è diventato di moda ed è stato reso commerciale, i prodotti legati sono presenti in tutti i magazzini, ha contaminato l’alta moda e i grandi marchi. Per non parlare della tecnologia, di un’evoluzione che spinge sempre più forte: basti pensare alle piscine con le onde artificiali e ai tanti progetti in tutto il mondo che porteranno a uno sviluppo ancora maggiore». E il surf alle Olimpiadi fa parte di questa evoluzione? «É esattamente questo il simbolo del cambiamento totale che stiamo vivendo. Sembrava impensabile, a breve sarà una realtà. Cambierà tutto, perché sappiamo già che sarà confermato anche a Parigi 2024 e Los Angeles 2028: saranno 12 anni in cui sarà assoluto protagonista sempre di più». Marcianò, invece, ha scelto un’altra sfumatura del surf: quella delle grandi onde, che lo ha portato fino a Nazaré, in Portogallo.
La sua storia è arcinota: la leggenda Garreth McNamara lo nota in una gara a Ericeira, lo invita a provare e da lì inizia una seconda carriera, esplosa mediaticamente nel 2015 cavalcando un’onda da 18 metri. «É un altro sport, è l’estremizzazione, non si gioca, ci sono rischi più alti, sono richiesti un’organizzazione diversa e conseguentemente costi più alti. Prima era per pochi eletti, oggi si avvicinano in tanti. Due i fattori predominanti: l’interesse mediatico e la sfida con sé stessi». In quell’ambiente, però, Marcianò ha ritrovato un po’ di quell’atmosfera che sembrava perduta: «Quell’atmosfera di amicizia, di pochissimi in acqua, di quello spot sconosciuto e deserto. Oggi sono pienissimi anche quelli una volta considerati di serie B o C, quel senso di fraternità è stato superato da una competizione agguerrita a caccia delle onde. Sono fortunato ad averlo vissuto. Ma oggi siamo anche all’inizio di un viaggio grazie all’opportunità olimpica: c’è la possibilità di seminare, l’Italia deve farsi trovare pronta».
E’ dal 1964 che, sotto diverse formule e attraverso la costituzione e poi lo sviluppo e le varie evoluzioni di quella che oggi è la World Surf League esiste un campione, che poi sia il risultato di un World Tour, un circuito o un campionato: dagli australiani Midget Farrelly per gli uomini e Phyllis O’Donnell, passando per i 10 trionfi dell’icona americana Kelly Slater (il primo nel 1992 e l’ultimo nel 2011), fino ad arrivare al recentissimo dominio brasiliano con 4 titoli degli ultimi 6 (2 di Gabriel Medina, uno per Adriano de Souza e Italo Ferreria), mentre al femminile si vive soprattutto dell’eterna sfida tra Australia e Stati Uniti, dalle hawaiiane Lynn Boyer e Margo Oberg dominatrici negli anni 70, dal poker di Lisa Andersen, dai 7 titoli di Layane Beachley, fino ai 7 di Stephanie Gilmore, l’ultimo nel 2018 e fra i personaggi più attesi a Tokyo. Un percorso che ha vissuto varie trasformazioni e che oggi va a completarsi attraverso il riconoscimento della federazione mondiale (International Surfing Association), ovvero l’ente che organizza i campionati mondiali che quest’anno valgono anche come ultima opportunità di qualificazione per i Giochi di Tokyo: in palio 5 pass per gli uomini e 7 per le donne. A El Salvador per gli ISA World Surfing Games sono arrivarti 250 surfisti da 51 nazioni. Prima di questo appuntamento sono già 28 gli atleti qualificati attraverso il WSL Champions Tour del 2019, ISA WSG 2019 e Giochi Panamericani Lima 2019. In palio 5 pass per gli uomini e 7 per le donne. A Tokyo ci saranno 20 uomini e 20 donne (con massimo 2 rappresentanti per nazione per genere). Come funzionerà? Prima fase con batterie da 4 e seconda fase con batterie da 5 per formare il tabellone della fase a eliminazione diretta. Ogni surfista ha 30 minuti di tempo per prendere più onde possibile e altrettanti voti (da 0 a 10) e le due migliori daranno il suo punteggio. I fattori considerati sono 5: impegno e difficoltà; innovazione e sequenze; varietà; combinazioni; velocità, potenza e fluidità.
Approfittiamo di Marcianò per provare a capire quali possibilità ha l’Italia di volare a Tokyo: «Come tutti sanno, Leonardo Fioravanti è il nostro uomo di punta, è l’unico nel circuito professionistico: può confrontarsi costantemente con i migliori al mondo e grazie a questo ha un’esperienza che gli altri non hanno. Soffre un pochino di discontinuità, ma se indovina la giornata e le onde giuste è un che vale le Olimpiadi. Non ha ancora mai vinto una tappa del World Tour, conquistare il pass per Tokyo sarebbe finalmente il punto esclamativo di una carriera alla quale manca ancora il grande risultato. Angelo Bonomelli ed Edoardo Papa faranno invece molta fatica: dovranno passare attraverso i ripescaggi dove c’è sempre la possibilità di ritrovarsi contro una mina vagante e finire fuori. Senza dimenticare che in quei 30 minuti in cui sei in acqua devi avere anche la fortuna di trovare le onde giuste. Le 3 ragazze invece secondo me hanno tutte più chance: la nostra punta di diamante è Claire Bevilacqua». La Bevilacqua è la campionessa europea in carica, è nata e vive a Perth, il papà è italiano. E’ di mamma argentina e papà italiano Giada Legati, mentre Emily Gussoni ha la mamma spagnola e vive in Costarica.
Questi gli atleti già qualificati a Tokyo e che quindi rispetto alla classifica finale di questi WSG non avranno bisogno del pass: (uomini) Jordy Smith (Sudafrica), Kolohe Andino, John John Florence (Usa), Kanoa Igarashi, Shun Murakami (Giappone), Jeremy Flores, Michel Bourez (Francia), Gabriel Medina, Italo Ferreira (Brasile), Owen Wright, Julian Wilson (Australia), Ramzi Boukhiam (Marocco), Billy Stairmand (Nuova Zelanda), Frederico Morais (Portogallo), Lucca Mesinas (Perù), (donne) Sally Fitzgibbons, Stephanie Gilmore (Australia), Johanne Defay (Francia), Tatiana Weston-Webb, Silvana Lima (Brasile), Carissa Moore, Caroline Marks (Usa), Brisa Hennessy (Costarica), Shino Matsuda (Giappone), Anat Lelior (Israele), Bianca Buitendag (Sudafrica), Ella Williams (Nuova Zelanda), Daniella Rosas (Perù).
Oltre a inseguire le grandi onde e seguire le qualifiche olimpiche, Marcianò sta vivendo giornate decisive anche per la sua “creatura”, il Surf Expo (italiasurfexpo.it) a Santa Severa (Roma). «Stiamo ragionando per verificare se ci sono le condizioni per tornare dopo la cancellazione dell’edizione 2020 per la pandemia. Nel 2019 eravamo arrivati alla ventunesima edizione. Sarebbe importante dare un altro segnale di ripartenza, anche per tornare a coinvolgere tutti su temi molto delicati come quello dell’ambiente. Vorremmo un’edizione sempre più sostenibile, vorremmo attivare un percorso di insegnamento ai più piccoli sul ciclo dei rifiuti. La nostra vita è tra spiagge e mare, sempre immersi nella natura, le dobbiamo il massimo rispetto».