
È l’atleta più decorata nelle discipline acquatiche nel suo paese: ma a Rio 2016 a soffiarle il bronzo fu proprio la Cagnotto
e grazie a quell'ultimo tuffo nella prova del trampolino da 3 metri gli italiani avevano potuto esultare per lo storico bronzo di Tania Cagnotto, a coronamento di una strepitosa carriera alla quale mancava solo la medaglia olimpica, per i canadesi fu invece un'atroce beffa. Un dolore che è rimasto a lungo nel petto di Jennifer Abel, l'atleta canadese più decorata nella storia delle discipline acquatiche
L’ultimo tuffo di Tania l’aveva appena condannata al quarto posto: lasciò la pedana del bordo vasca in lacrime, sfuggendo ai tentativi di consolazione dei compagni, distrutta nel morale per avere mancato quel podio che inseguiva da tre Olimpiadi. Una storia che oltretutto si ripeteva a distanza di pochi giorni: aveva già perso per meno di un punto il bronzo nel sincro assieme alla compagna Pamela Ware (dietro alle australiane Maddison Keeney e Anabelle Smith), l’altra gara che aveva regalato l’argento alla Cagnotto assieme a Francesca Dellapé. Una beffa che al contrario aveva subito proprio Tania 4 anni prima a Londra, quando per 20 centesimi si vide sfilare la medaglia dalla messicana Laura Sanchez. Per rielaborare quella doppia beffa, Jennifer Abel ha impiegato un anno. E ora sogna di rifarsi esattamente come Tania Cagnotto: ai Giochi di Tokyo 2021 vuole conquistare finalmente la sua prima medaglia olimpica individuale, dopo il bronzo nel sincro a Londra.

«Nessuno meriterebbe mai di finire quarto, penso a quel punto sia meglio quinto», dice Roselin Filion, ex nazionale canadese di tuffi e oggi giornalista sportiva. Ed ex compagna di squadra della Abel. Nel mondo dei tuffi, Jennifer è nota per il suo costante buonumore e per gli scherzi a compagni e avversari. Resta famoso proprio quello alla Filion, che fece cadere a terra in mondovisione durante la cerimonia di chiusura dei Giochi di Pechino 2008. Il suo allenatore Arturo Miranda di lei dice che il suo sorriso è un raggio di sole che illumina l’Olympic Park Sports Centre di Montreal anche nel gelido inverno canadese. E tutti le hanno sempre riconosciuto la grande passione e l’enorme dedizione al lavoro. Nel 2017 però ha fatto fatica a scrollarsi di dosso la delusione di Rio: pensò al ritiro, oppure di lasciare il sincro per concentrarsi solo sulla gara individuale. Invece Miranda convinse la Abel a costruire un’altra partnership con Melissa Citrini-Beaulieu, che di anni ne aveva 22, cioè 4 in meno della campionessa. Con l’intenzione di seguire le orme di Pamela Ware ed Emile Heymans, che assieme alla Abel avevano vinto un argento ai Mondiali 2015 e il bronzo di Londra 2012. Il problema era che Melissa non trovava una Abel al massimo della motivazione. «Io amo il mio sport – racconta Melissa Citrini-Beaulieau – e mi ci dedico anima e corpo. Lei forse subito dopo i Giochi ha perso un po’ di motivazione, ma l’idea di questa nuova partnership l’ha scossa. Ha visto quanto io fossi entusiasta e questo credo le abbia ridato un po’ di voglia di tornare a tuffarsi. E anche se il momento era veramente difficile, siamo riuscite a rendere quel percorso piacevole, divertente». La coppia, che la stessa Citrini-Beaulieau e Miranda hanno definito «perfetta», ha funzionato da subito: oro al FINA Grand Prix di Rostock del febbraio 2017, bronzo alle FINA World Series di Guangzhou a marzo, argento al FINA Grand Prix di Gatineau in Canada ad aprile. E la Abel ha ripreso a vincere anche a livello individuale: bronzo a Rostock e alle World Series di Kazan, Russia. «Per tutto il 2017 – racconta la Filion – seguivo le sue gare concentrandomi sulle sue espressioni e guardandola pensavo che non fosse totalmente felice».


E la stessa Abel racconta perché: «Ogni volta che facevo il tuffo mi era costato il bronzo olimpico, e lo facevo bene, pensavo “se lo avessi fatto a Rio”. Vivevo costantemente nel passato. Mi sentivo come se fossi rimasta a vivere lì. Anche se ottenevo un buon risultato, sentivo che mi mancava sempre qualcosa. Dovevo sforzarmi di accettare il mio dolore. Veramente difficile. Ai Mondiali di Budapest 2017 mi sono sentita pietrificata. Avevo il terrore di finire di nuovo quarta, anche perché tutti parlando di me ricordavano Rio». Ma è stato proprio a Budapest che è arrivato il punto di svolta, rielaborando la finale olimpica nella sua mente: primo posto nei preliminari, terza nella semifinale, risalita al terzo posto grazie al 69.00 ottenuto col doppio salto mortale e mezzo indietro eseguito ancora meglio che nel turno precedente. Si è quindi chiesta: dove, cosa ho sbagliato? La risposta è stata determinante: niente. «Ho guardato in faccia quella delusione e l’ho metabolizzata. In quella gara ho dato il massimo e non ho sbagliato niente. Semplicemente non avevo in programma un tuffo che mi poteva portare più punti e quindi dovevo solo accettare il fatto: non dipendeva da me. Per mesi mi sono data la colpa, pensando di non avere fatto bene quello che avrei dovuto fare». E da Budapest è tornata a casa con 3 medaglie: l’argento nel sincro alle spalle delle cinesi Shi Tingmao e Chang Yani, il bronzo nella prova individuale e poi quello assieme a Francois Imbeau-Dulac nel sincro misto. Una tripletta storica, visto che ha permesso a Jennifer Abel di agganciare a quota 8 medaglie i due atleti canadesi più decorati, il tuffatore Alex Despatie e il nuotatore Ryan Cochrane. E ai Mondiali di Gwangju è quindi arrivato un altro argento con Melissa Citrini-Beaulieu, che le ha permesso di diventare l’atleta canadese più medagliata di sempre nelle discipline acquatiche, seguito poi anche da un altro bronzo con Imbeau-Dulac.

Il podio iridato l’ha anche qualificata ai Giochi di Tokyo. «Una soddisfazione doppia», dice la Abel. E il momento magico è proseguito nel 2020: 3 ori alle FINA World Series di Montreal a fine febbraio. Prima dello stop per Covid. Prima del rinvio dell’Olimpiade. Dove sarebbe andata per riprendersi quello che aveva perduto a Rio. «Sembrava scorrere tutto alla perfezione, sapevo quello che dovevo fare e avevo ben chiari gli obiettivi, la stagione avrebbe avuto un completamento perfetto a Tokyo. Eravamo inarrestabili e sapevamo di avere anche quella motivazione extra per conquistare la medaglia». Piani spazzati via, come quelli di tutti. «La parte più difficile era quella di ignorare completamente cosa sarebbe potuto succedere. Io sono quel tipo di atleta che ha bisogno di avere un programma dettagliato». Tutto questo, però, potrebbe averla resa un’atleta migliore, sostiene la sua amica Filion: «La pandemia è stata una sfida in più da affrontare, ma lei oggi è una persona più solida mentalmente, è in pace con sé stessa e qualsiasi cosa potrà accadere, lei avrà fatto il suo dovere». Durante lo stop forzato ha cercato di vivere una vita normale: aiutando a fare i compiti la figlia di 7 anni del suo compagno, l’ex campione del mondo dei pesi massimi David Lemieux, o cucinando. Tutto sempre senza fretta. Insieme a David ha costruito una palestra in casa e ha lavorato quotidianamente. «E’ stato divertente fare cardio con lui, così come lui si è divertito nel fare addominali con me: noi tuffatori ci lavoriamo tantissimo. Una volta ho provato anche a tirare contro il sacco, ma poi ho avuto troppo dolore e ho pensato che fosse meglio lasciar perdere… Ho capito che è importante trovare in sé stessi la forza di spingere». I tuffi li ha messi per un attimo da parte, riducendo anche i contatti con l’allenatore e la compagna di sincro. «Ho iniziato con i tuffi che avevo 4 anni, non conoscevo altra vita all’infuori di quella. Ne ho quindi approfittato per conoscermi meglio». Vuole ancora una medaglia olimpica, ma il suo approccio è cambiato: «Penso di essere diventata quello che sono anche grazie a quel quarto posto». Subito dopo Tokyo compirà 30 anni e allora la sua fonte d’ispirazione non può che essere proprio Tania Cagnotto: che dopo la delusione di Londra si rimise in piedi e andò a conquistare le sue medaglie di Rio a 31 anni, alla sua quinta Olimpiade.
Ad agosto la Abel e tutti i suoi compagni sono potuti finalmente tornare ad allenarsi in piscina e il sogno di conquistare due medaglie a Tokyo si è riacceso: «Tutto quello che ho fatto per continuare a inseguire il mio sogno non è andato perduto, è stato solo rimandato. Ma oggi ho una certezza in più: io sono quel che sono con o senza medaglie. Resta il mio grande sogno, ma la cosa che mi darà più soddisfazione sarà salire sul trampolino di Tokyo orgogliosa del mio lavoro e dei miei risultati».
(fonte Fina.org)