Il visionario mondo di Kate Bellm

di Luigi Finucci

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osa siamo prima di inserirci nella società tra obblighi e vincoli? Kate Bellm, nomade e selvaggia per natura, ci porta nel suo mondo attraverso delle immagini fatte di sagome nude e ambiente surreale. Ci porta agli albori, liberi da ogni restrizione e a contatto con la natura.

Nata a Londra nel 1987, Kate Bellm s’interessa fin da piccola alla fotografia. Inizia la sua carriera come fotografa di moda realizzando prodotti sia digitali che analogici.

Trasmette con le sue foto la sua visione del mondo, flessibile e colorata, creando paesaggi romantici e sognanti.

I suoi viaggi la portano a incontrare culture diverse che trasformano totalmente il suo modo di concepire la realtà, la fotografia e sé stessa.

Ritroviamo questa trasformazione negli ultimi suoi lavori, realizzati per numerose riviste tra cui GQ, Vogue UK e brand internazionali come Gucci, Asos e RayBan.

L’opera che più racconta questa sua libertà artistica è La Isla (Mirage), l’ultimo libro fotografico di Kate Bellm: un’esistenza sognante, spensierata e stranamente languida di nuoto, fatta di immersioni di corpi nudi sulle coste, nelle grotte sottomarine e in mezzo ai cactus di Maiorca.

Questo progetto, afferma Kate in un’intervista sulla rivista Vogue, è nato semplicemente vivendo sull’Isola di Maiorca. Le immagini immortalate sono letteralmente lo specchio della vita quotidiana dei suoi vicini. Nulla è impostato, predefinito, o precedentemente pensato, sono tutti i momenti che l’artista è riuscita a catturare con il suo obiettivo.

Essere nudi e liberi sembra così normale, che sorge spontanea una domanda: la Maiorca fotografata dalla Bellm è forse la nuova Atlantide? Sembra che il tempo e il pudore non abbiano effetto su di essa.

Le figure femminili presenti nelle sue foto sembrano delle meravigliose Sirene.

Come nell’Odissea di Omero, le Sirene sono creature che sanno tutto ciò che è accaduto sulla terra e tutto quello che accadrà; il loro canto conduce chi lo ascolta alla conoscenza assoluta, vera metafora della finitezza dell’uomo in una dimensione tipica della sfera divina.

Le Sirene ci attraggono e ci conducono verso qualcosa di bellissimo e che ci fa paura allo stesso tempo.

Nella mitologia greca le Sirene erano raffigurate come creature mostruose dal volto di donna e corpo di uccello, ma dotate di una dolcissima e ammaliante voce; mentre a partire dal Medioevo si cominciò a rappresentarle come belle fanciulle con la coda di pesce al posto delle gambe, delle bellissime creature che portavano i marinai nel fondo del mare per divorarli.

E’ un’immagine che incute timore, ma cosa nasconde questa simbologia?  

Nelle acque profonde si rompono le catene che ci tengono ancorati a terra e a divorarci è la scoperta che si può essere liberi. Non si può più tornare indietro, non si può più essere schiavi della routine quotidiana che ci attanaglia, in quanto finisce per logorarci dentro.

La fluidità dell’acqua immortala i corpi, e Kate Bellm, attraverso il suo sguardo attento, ci svela che da qualche parte è possibile interrompere l’incantesimo delle sirene, e da qualche parte nel mondo, in quel pezzetto di terra concesso da Dio, si può assaporare l’essenza della vita “vera”.

Queste foto sembrano chiamarci, dirci “alzati e vieni qui accanto a me”, sembrano ammaliarci come un canto, sembrano portarci in un mondo sospeso.

E anche per noi osservatori, come accaduto a Ulisse, che per resistere alle sirene si fa legare ad un albero e tappare le orecchie dai marinai, risulta veramente complicato non lasciarsi trascinare dal canto, così guardando quelle immagini ci lasciamo trasportare dalla fluidità dell’acqua per capire se veramente in questo mondo esiste   un luogo così terribilmente meraviglioso.

Sono maestro, coordinatore e docente della Federazione Italiana Nuoto. Oltre a insegnare nuoto e formare nuovi istruttori, ho scritto diversi libri di poesia, per adulti e per bambini, tra cui uno sul mondo dell'acqua (Il mondo di sotto - Giaconi Editore). Ho sempre sognato di andare nello spazio e l'unica volta che mi sono sentito sospeso è stato proprio immerso nell' acqua. Avvolto da questo elemento riuscivo a sentire meglio me stesso e a pensare ai grandi dilemmi della vita, come un filosofo. C'è qualcosa di ancestrale, e nei primi anni da bagnino appena maggiorenne, all'orizzonte dove il blu del cielo si incontrava con quello del mare riuscivo a dimenticare i problemi della vita e a stare in pace con me stesso.

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Nasce il nuovo progetto di comunicazione che unisce sotto un’unica piattaforma online gli appassionati del mondo dell’acqua declinato in tutte le sue forme.

 

La parola acqua deriva dal latino “aqua”, che a sua volta ha una radice indoeuropea, la stessa della parola onda, che passando dal greco diventa “unda” in latino.

Acqua e onda: ovvero identica radice linguistica per due elementi che non possono esistere l’uno senza l’altro. 

 

Le onde sono un movimento perpetuo, sono il fluido che rappresenta l’impulso positivo al cambiamento.

 

Da qui nasce l’avventura di “On the Blue”: che ogni giorno vi condurrà in un viaggio in compagnia di chi questo elemento lo vive e lo ha vissuto.

 

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