di Ludovica De Fazio
er millenni l’uomo ha provato varie strategie per generare la pioggia, ma nell'ultimo secolo i suoi sforzi sono diventati più creativi e gli studi più avanzati. Grazie alla scienza e alla tecnologia ha capito che attraverso l'uso di piccole particelle di ioduro d'argento iniettate nelle nuvole da aerei o sparate da cannoni antiaerei si possono produrre nuvole artificiali.
Questo metodo si chiama “cloud seeding”, ossia inseminazione delle nuvole e s’intende una tecnica di modificazione del clima che mira a cambiare la quantità ed il tipo di precipitazione attraverso la dispersione nelle nubi di sostanze chimiche che fungano da nuclei di condensazione per favorire le precipitazioni. Questa tecnica può essere impiegata sia per aumentare la piovosità in zone aride sia per prevenire la formazione di grandine in fronti temporaleschi.
Gli Emirati Arabi Uniti hanno escogitato una tecnologia inimmaginabile: per contenere il caldo che sfiora i 50°C hanno lanciato droni che generano attività elettrica nelle nuvole al punto da provocare una pioggia torrenziale. L’idea è che le scosse elettriche prodotte sulle goccioline d’acqua nelle nuvole ne rendano più probabile la precipitazione.
Denominati “Sciamani” hi-tech, l’uso dei droni si basa sull’inseminazione delle nuvole, già sperimentata da tempo, ma questa volta è il “veicolo” utilizzato per produrre la pioggia è all’avanguardia: i droni che rilasciano scariche elettriche penetrando nelle nuvole e aiutano a condensare il vapore acqueo causando le precipitazioni. I droni rilasciano nell’atmosfera e all’interno delle nuvole sostanze chimiche, come lo ioduro d’argento, che a contatto con l’umidità, rendono più pesanti le particelle d’acqua presenti e portano anche alla formazione di agglomerati nuvolosi più grandi.
Quindi un’evoluzione della tecnica di cloud seeding, già in uso da una decina di anni, ma che finora veniva veicolata attraverso “razzi” sparati all’interno delle nuvole stesse. La differenza è che con i droni è possibile individuare meglio le aree più sensibili alla sollecitazione delle sostanze utilizzate per condensare la pioggia. Inoltre, i droni non sono “vuoto a perdere” come i razzi usati finora, ma vengono riportati a terra, ricaricati e spediti di nuovo.
Nel 2017, gli scienziati universitari hanno ricevuto 1,5 milioni di dollari dal Programma di ricerca degli Emirati Arabi Uniti per la scienza del miglioramento della pioggia da utilizzare in tre anni, investiti negli ultimi cinque anni in nove diversi progetti di ricerca.
«Quello che stiamo cercando di fare è rendere le goccioline all’interno delle nuvole abbastanza grandi da arrivare alla superficie dopo la caduta», ha detto la meteorologa e ricercatrice Keri Nicoll. Il problema principale è che negli Emirati Arabi Uniti ci sono temperature elevate e il decorso naturale delle goccioline d’acqua prevede che una volta formate dalle nuvole, le stesse evaporino prima ancora di cadere a terra e, quindi, le precipitazioni risultino veramente scarse.
Keri Nicoll è conosciuta a livello internazionale per la sua esperienza nelle misurazioni dell’elettricità atmosferica e nello sviluppo della strumentazione. La sua ricerca pionieristica nello sviluppo della strumentazione ha portato alla creazione di molti nuovi sensori (tra cui sensori di carica spaziale, conducibilità e particelle energetiche) per palloni e piccoli aerei, alcuni dei quali sono ora disponibili in commercio. Ciò ha permesso a Keri di diventare una leader mondiale nello studio di questioni fondamentali relative agli effetti di carica e elettricità atmosferica sulla microfisica di nuvole e aerosol, che sono importanti per le proiezioni climatiche.
Tra i primi effetti dell’uso di droni c’è il risultato che nelle città degli Emirati Arabi, in questi giorni, si sono sviluppati temporali con raffiche di vento considerati di grado “elevato”, tanto che è stato emanato un avviso di criticità idrogeologica. Il National Center of Meteorology ha rivelato che la maggior parte di questi temporali fuori stagione sono dovuti proprio alle operazioni di “semina delle nuvole”, con un aumento delle piogge dal 15 al 35%, in un periodo in cui la quantità d’acqua che cade nell’area geografica è di solito estremamente bassa, considerando che la quantità media è di circa 42 millimetri all’anno.
Pian piano la ricerca e la tecnologia risolveranno il problema della siccità in questi paesi, ma come gli scienziati si adopereranno per risolvere il problema dell’inquinamento, considerato che l’ioduro d’argento è si inodore, ma tossico?
Sono una studentessa di chimica farmaceutica, che tra una formula e l’altra, si dedica allo sport, in particolar modo a quello in acqua, luogo che mi appartiene da quando sono piccola e in cui mi sento libera e spensierata. Mi diverto a scrivere, leggere, viaggiare e conoscere posti e sensazioni nuove ogni giorno, per migliorarmi e per apportare sempre un qualcosa in più in tutto quello che faccio. Il mio motto è “Ad maiora” e non a caso vivo e studio nella città dove tutto è più grande e maestoso, Roma
Nasce il nuovo progetto di comunicazione che unisce sotto un’unica piattaforma online gli appassionati del mondo dell’acqua declinato in tutte le sue forme.
La parola acqua deriva dal latino “aqua”, che a sua volta ha una radice indoeuropea, la stessa della parola onda, che passando dal greco diventa “unda” in latino.
Acqua e onda: ovvero identica radice linguistica per due elementi che non possono esistere l’uno senza l’altro.
Le onde sono un movimento perpetuo, sono il fluido che rappresenta l’impulso positivo al cambiamento.
Da qui nasce l’avventura di “On the Blue”: che ogni giorno vi condurrà in un viaggio in compagnia di chi questo elemento lo vive e lo ha vissuto.
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