Cappero che sorpresa! È anche afrodisiaco

di Martina Grandori

S

i raccolgono a mano e crescono fra le rocce di uno degli arcipelaghi più belli dello Stivale: sono i capperi, cibo antichissimo con anche proprietà afrodisiache, piedistallo della cucina del Sud, esempio virtuoso di una coltivazione pressoché spontanea e che necessita di pochissima acqua, ma di tantissimo sole e mare!

Questo arbusto sempre verde conserva tradizioni e saperi antichi che si sono tramandati nei secoli e oggi quel sapore intenso, salato e piccante è diventato un presidio di Slow Food. Un must della cucina nostrana tanto quanto il basilico o l’origano, il cappero è anche una delle piante dalle grandi curiosità.

Arriva dai tropici, sebbene in molti lo considerano sia considerato una varietà nostrana proprio perché fa parte dell’iconografia mediterranea quel suo sbucar fuori dalle fessure dei muretti a secco o dalle rocce o da piccole zolle di terra. Spesso cresce in compagnia di piante da frutto, di vite e di olivo.

Il cappero è una pianta perenne che fiorisce da maggio ad ottobre, che vuole il sole (la sua esposizione prediletta è quella a mezzogiorno), teme il freddo, ama terreni sassosi e poveri, resiste bene alla siccità,  per questo ha radici molto lunghe che le permettono di catturare l’acqua in profondità e si inebria con il profumo del mare.

Della pianta, i cui fiori bianchi con stami dalle fiammate violacee sono un capolavoro del Creato, si mangia il bocciolo che si conserva sotto sale, ed è la parte che comunemente si aggiunge alle pietanze “per dare mordente” come dicono i siciliani; mentre il cucuncio, chiamato anche cappero gigante, più carnoso e con dei micro semini, è il frutto della pianta del cappero, che di solito si conserva in salamoia e si serve all’ora dell’aperitivo. I diffusori dei suoi semi sono nientemeno che gechi e lucertole, ne sono ghiotti

Le due isole del Mare Nostrum dove cresce per eccellenza questa prelibatezza sono Pantelleria e Salina, entrambe si contendono la lode. Ma in realtà il cappero è una pianta eoliana iconica (non dimentichiamo quelli eccellenti di Linosa), tutte accomunate da un terreno ricco di potassio e fosforo, calcio, magnesio e altri micro-elementi che rendono queste terre idonee alla coltivazione del cappero.

Quelli IGP di Pantelleria, l’isola vulcanica il cui terriccio ricco di glucocapparina, la sostanza proteica ideale, ne ha permesso nei secoli la coltivazione migliore: risalgono ai Greci e ai Latini le prime citazioni, Sono rinomati per le proprietà benefiche per l’organismo, – menzionati anche da celebri medici come Dioscoride e Ippocrate per le proprietà curative e diuretiche – e la quercetina (di cui sono l’alimento più ricco) li rende anche antiossidanti, antitumorali e dei tonici e stimolanti naturali.

Ma c’è di più. Il cappero è chiamato addirittura il “bocciolo dell’amore” per le sue virtù afrodisiache, citate nella Bibbia ebraica (le Ecclesiaste) perché nei semi del cucuncio si racchiude un’energia vitale che si traduce in energia sessuale, tant’è che si racconta che nell’antica Grecia ci fosse una cortigiana che faceva un misterioso olio al cappero per ringalluzzire i suoi amanti.

Sono Martina Grandori, vivo quotidianamente con il senso dell’umorismo e alla ricerca dell’estetica, tento di migliorarmi ogni giorno in nome di una magica evoluzione, nutrendo il mio giardino degli interessi. Adoro scrivere, lo faccio da vent’anni in qualità di giornalista specializzata in lifestyle, prestata poi al mondo dell’ambiente e della sostenibilità. Sono madre di due bambine che hanno rivoluzionato la mia vita in positivo, da sempre vivo nella bellissima Milano, città che adoro perché ha moltissimo da offrire oltre allo smog.

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