di Luigi Finucci
on è mai chiaro dove ci portino le scelte che facciamo nell’immediato. Le strade fanno dei giri immensi. Passa il tempo e le cose si fanno più chiare. La soddisfazione sta nel fatto che si porti a compimento quello che si sceglie di fare, qualunque sia il percorso.
Il bello sta nel fatto che singoli individui cedano qualcosa di sé per il bene della comunità, qualunque essa sia. Cosa posso concedere al mondo di me? A volte le fusioni più improbabili risultano le più affascinanti.
Oggi parliamo con Mauro Antonini, figura carismatica che attraverso il mondo dell’acqua ha trovato suo modo di concepire l’uomo e la sua crescita. Studi universitari con dottorato di ricerca in Storia Costituzionale, pallanuotista, istruttore di nuoto poi inserito nei quadri tecnici della Federazione Italiana Nuoto, Mauro è anche direttore sportivo e gestore di un impianto natatorio a Macerata.
Che ruolo ha l’acqua nella tua vita?
«L’acqua è stata da sempre un elemento indispensabile per me che vivo a ridosso del Mare Adriatico. Non a caso il mio primo lavoro è stato quello di assistente bagnanti. Oltre a nuotare e giocare a pallanuoto, ho insegnato e poi allenato nel nuoto. Arrivato ad un certo punto ho dovuto scartare la carriera universitaria per far posto alla mia passione per l’acqua, scegliendo il mondo delle piscine».
Oltre a gestire un impianto natatorio in Italia, sei promotore del progetto pedagogico e culturale “Aisance Aquatique” in Francia, com’è nato?
«Nel 2018, emerse in Francia il problema del grande numero di annegamenti e decessi in mare. Tant’è che il Ministero dello Sport Francese, in quel momento, ha messo il progetto “Aisance Aquatique” come priorità nella sua agenda. Io da molti anni collaboro in Francia nella formazione sia a livello principiante che agonistico e durante uno stage ho avuto modo di incontrare il futuro Ministro dello Sport, Roxana Marcineaux. Con mio grande piacere sono stato invitato a far parte di questo progetto e siamo riusciti a fare formazione in quasi tutta la Francia».
Qual è lo scopo di questo progetto?
«Due sono gli scopi: da una parte la prevenzione, per arginare il problema degli annegamenti e dall’altra la diffusione della corretta cultura dell’acqua. Tutto si basa sull’insegnamento precoce in acqua in gruppo, quello che in Italia chiamiamo “ambientamento”, ovvero insegnare a galleggiare in sicurezza, in particolar modo ai bambini dai 3 ai 6 anni. Quindi in definitiva, l’obiettivo è la diffusione di un approccio corretto all’acqua che non significa solo imparare a nuotare, ma anche far capire cos’è la sorveglianza, quali sono i pericoli, i comportamenti corretti da adottare.
Un’iniziativa, se mi consentite, di “cittadinanza” dove l’attività si svolge in ambito scolastico. Questo significa permettere a tutti, al di là della condizione sociale ed economica, un percorso (solitamente di 3 anni) che consenta all’allievo di raggiungere una completa autonomia in acqua».
In Francia ti considerano l’erede di Raymond Catteau che è stato un esperto di pedagogia applicata al nuoto e ispiratore dei successi del nuoto francese degli ultimi 15 anni, che ruolo ha avuto nella tua vita?
«Raymond Catteau è stato un gigante del nuoto essendo un rivoluzionario in Francia con influenze anche in Italia. Un grandissimo esperto di nuoto a tutti i livelli fino a quello olimpico e promotore di un approccio innovativo, ovvero quello di insegnare in acqua alta senza supporti di galleggiamento. Ho avuto l’opportunità di conoscerlo di persona per meglio comprendere i suoi metodi: quello che mi ha colpito maggiormente era il suo approccio pedagogico e didattico. Da allora mi ha permesso di accompagnarlo negli stage che svolgeva e in seguito ho partecipato alla traduzione del suo libro in Italia “ Il Nuoto di domani – Pedagogia dell’azione”.
Poi, per fortuna o per merito, molti riconoscono che la mia attività sia una valida continuazione del suo approccio all’acqua e del suo pensiero».
Quest’anno sei stato invitato dal Ministro dello Sport francese, Roxana Marcineaux, alla sede dell’UNESCO. Quali temi avete trattato?
«Il tema principale riguardava il ruolo dello sport nei bambini adolescenti in relazione agli obiettivi dello sviluppo sostenibile, definiti nell’Agenda Onu 2030.
È stato un grande onore e un riconoscimento speciale: un’occasione di incontro con esperti sportivi, ricercatori da tutto il mondo che si occupano di queste tematiche che a mio parere si inserisce perfettamente nel discorso dello sviluppo sostenibile che concerne la democratizzazione del “sapere” e il rapporto con l’ambiente.
Imparare in gruppo e in un ambiente acquatico, che sia quello delle piscine o quello naturale del mare, permette al bambino di creare un’identità che tiene conto della valenza relazionale e del rispetto della natura, attraverso i valori indiscussi dello sport».
Che differenze ci sono tra l’insegnamento acquatico in Francia e quello in Italia?
«In Francia l’insegnamento del nuoto è già previsto in ambito scolastico. Il progetto “Aisance Aquatique” non introduce nulla di nuovo ma anticipa l’educazione acquatica a quella fascia d’età precoce a cui fanno riferimento le statistiche dei casi di annegamento.
L’insegnamento in ambito scolastico è una grande ricchezza ma allo stesso tempo può essere una limitazione poiché la didattica risulta meno strutturata laddove i docenti scolastici non sempre hanno una formazione specifica nel nuoto.
In Italia l’insegnamento del nuoto avviene nelle scuole solo in rari casi e solo per buona volontà di alcuni professori di educazione fisica.
La carenza in ambito scolastico però è arginata dall’ottimo lavoro della Federazione Italiana Nuoto, che da 30 anni promuove la qualità della formazione dei tecnici, e la cultura dell’acqua, in modo che sia diffusa in maniera capillare su tutto il territorio italiano. Questo fatto è supportato da dati, e qui un ringraziamento particolare va all’amico e statistico Alessandro Sabbatini, che sostiene che con l’aumentare della qualità dei tecnici delle Scuole Nuoto Federali che svolgono i vari corsi c’è stato un proporzionale calo degli incidenti e degli annegamenti».