
di Redazione
on è un segreto che la caretta caretta – più semplicemente nota come tartaruga marina comune, diffusa in tutto il mondo – rappresenti un esemplare fortemente minacciato nel Mediterraneo e, in particolar modo, a forte rischio estinzione nelle acque territoriali italiane.
Per effetto di tale emergenza, il nostro Paese ha necessità assoluta di attivarsi per evitare il peggio, garantendo stabilità e continuità della specie. Molti sono stati i protocolli d’intesa avviati nel 2020 ma, al netto dei buoni propositi intenzionali, ciò che più interessa è il risultato raggiunto dalla sottoscrizione di tali scartoffie burocratiche. Per questo motivo si guarda con sollievo e profonda soddisfazione ai significativi frutti raccolti in tal senso, certificati dalle notizie diffuse proprio in questi ultimi giorni lungo tutta la penisola.

Secondo una stima formulata dagli esperti, il circolo virtuoso innescato dalle convenzioni ratificate sin qui ha portato nel giro di qualche mese al salvataggio di una decina di caretta caretta solo grazie al partenariato attivato nel Salento: qui le aree marine protette di Torre Guaceto e Porto Cesareo hanno alacremente lavorato in sinergia per raggiungere un risultato quanto più significativo possibile, assemblando un iter degno della miglior catena di montaggio naturale e dimostrando ancora una volta quanto sia salvifico l’impegno di rete. Nello specifico, gli operatori della riserva leccese soccorrono le tartarughe in difficoltà raccolte in mare, mentre quelli della riserva naturale brindisina le curano efficacemente nel proprio centro recupero, seguendone la piena riabilitazione prima di rimetterle in libertà.
«Grazie all’impegno profuso negli anni dal Consorzio di Gestione di Porto Cesareo a tutela della fauna marina – si legge nella nota ufficiale emessa lo scorso 2 maggio dall’Area Marina Protetta di Porto Cesareo – oggi i pescatori che rinvengono una tartaruga catturata accidentalmente contattano l’AMP e gli operatori cesarini rispondono, recuperando l’esemplare». Scatta allora la staffetta della solidarietà: questi ultimi portano la caretta caretta presso la riserva di Torre Guaceto e i colleghi del Consorzio la ricoverano presso il centro recupero tartarughe marine attivo dal 2016, dove vengono curate, ricondotte nell’AMP leccese e liberate in mare.
«Dobbiamo essere tutti uniti quando si parla di tutela dell’ambiente e degli animali – commenta il presidente del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto, Corrado Tarantino –. La natura subisce fin troppo l’impatto antropico esercitato dall’uomo ed è dovere dei gestori delle aree protette fare di tutto per salvaguardare territorio e fauna». «Fare rete è una delle cose più difficili – aggiunge Remì Calasso, presidente del Consorzio di Gestione dell’AMP di Porto Cesareo –, ciononostante la nostra AMP e la riserva di Torre Guaceto hanno una storia di collaborazione consolidata da risultati importanti, lavorando di concerto per il bene comune della tutela ambientale».


Naturalmente la macchina dei soccorsi non si limita alla partnership salentina, come dimostrano simili protocolli d’intesa attivati nei mesi scorsi anche al Nord Italia: un anno fa di questi tempi, ad esempio, Trecentina e Camilla-Regina, due caretta caretta curate presso l’acquario di Genova, sono tornate in mare dopo essere state ritrovate tra il 2018 e il 2019 dalla capitaneria di porto di Genova con lesioni, rispettivamente, al carapace e all’occhio destro. L’acquario di Genova, infatti, cura dal 1994 le tartarughe marine in difficoltà e dal 2009 è referente istituzionale per l’ospedalizzazione della specie caretta caretta, a seguito di un accordo tra Stato e Regione Liguria.
Risale a pochi giorni fa, invece, il recupero di una tartaruga marina nelle acque delle Isole Tremiti: la sensibilità dimostrata da un cittadino ha consentito di trarre in salvo un piccolo esemplare che, all’interno dell’Area Marina Protetta delle Isole Tremiti e più precisamente presso Cala delle Rondinelle, nell’isola di San Domino, manifestava evidenti difficoltà a immergersi. Dopo l’intervento dei militari, la tartaruga è stata prontamente affidata alle cure degli operatori dell’Istituto Zooprofilattico di Termoli, prima del trasferimento presso il Centro Studi Cetacei di Pescara, onlus che opera nell’Adriatico al fine di tutelare e valorizzare le risorse e gli ambienti marini.

Per sollecitare le segnalazioni, la Capitaneria di Porto di Termoli ha collaborato allo sviluppo di un app gratuita, scaricabile come “Plastic Free GC” –dal nome dell’omonimo progetto di comunicazione ed educazione ambientale sul contrasto alla dispersione delle microplastiche in mare-, che offre a chiunque la possibilità di comunicare la presenza di particolari specie marine con pochi semplici clic sul proprio smartphone attraverso la funzione “Avvistamenti”, grazie all’automatica rilevazione della posizione e geolocalizzazione live delle immagini.
È notizia di strettissima attualità anche quella relativa al rilascio in mare dello scorso 11 giugno, da parte dell’Oasi WWF di Forte dei Marmi, della tartaruga marina Paqualina: un esemplare di 52 centimetri di lunghezza totale e quasi 9 chili di peso, con un carapace lungo 39 centimetri e largo 36, ritrovata disidratata e disorientata il precedente 3 aprile da alcuni pescatori al largo di Marina di Carrara, ma tempestivamente salvata dal soccorso congiunto della Capitaneria di Porto-Guardia Costiera locale e del Nucleo Guardie Giurate WWF Italia. In seguito al ciclo di cure prestate dal centro di recupero e riabilitazione dell’Acquario di Livorno, la tartaruga – dotata di un microchip per poter essere identificata individualmente – è stata lasciata libera a riva per raggiungere in autonomia il mare e ricominciare il lungo viaggio nel suo habitat naturale.