
di Camilla Zanin
i siamo abituati ad avere città sempre più grandi, sempre più piene di servizi, negozi e qualunque cosa di cui abbiamo bisogno. Costruiamo di continuo, ci serviamo di tecnologie all’avanguardia, sogniamo le città del futuro, fatte di grattacieli e macchine volanti. Eppure i nostri posti preferiti sono sempre quelli dove riusciamo a distaccarci da tutto questo: abbiamo bisogno della passeggiata al mare, del picnic fronte fiume, della gita al lago.


Spesso sono questi i luoghi che riconosciamo come i più belli delle nostre città, sono spazi in cui possiamo “fermarci”, frenare quelle vite che incessantemente cerchiamo di rendere più veloci, piene e performanti. Questo principio vale ad ogni scala cittadina, ma è più evidente se ci concentriamo ad esempio su metropoli come Roma, Londra, Parigi, New York, Seoul, per citarne alcune. Città con ritmi di vita frenetici e con almeno una costante: la presenza di un fiume lungo il quale passeggiare. I Riverside (rive del fiume) sono sempre più apprezzati e rivalutati a livello globale, permettono di integrare spazi di qualità per la vita dei cittadini all’interno di una trama urbana che altrimenti non lo avrebbe permesso. Si tratta dunque di aree che possiamo considerare come oasi nelle nostre città, al contrario un tempo ne erano i cuori pulsanti.


I primi insediamenti sfruttavano la vicinanza ai fiumi per coltivare i terreni, in seguito fiumi e porti erano il fulcro dell’attività commerciale che si svolgeva maggiormente per acqua. Con la rivoluzione industriale i treni merci sostituirono le navi, i rifiuti industriali rendevano i corsi d’acqua sporchi ed inquinati, tanto da renderli spesso luoghi sgradevoli e a tratti pericolosi per la salute dei cittadini. Per questo motivo molti corsi d’acqua secondari vennero coperti o interrati, ridotti a semplici parti delle reti infrastrutturali cittadine.
Oggi sembra finalmente esserci un’inversione di tendenze: per tutto il mondo sta prendendo piede ciò che in inglese viene detto “daylighting”, che propone di “portare alla luce” proprio questi fiumi nascosti per rendere l’acqua nuovamente protagonista nelle nostre città.
Uno degli esempi più celebri di questa pratica, e sicuramente il più famoso in Asia, è il progetto di rivitalizzazione urbana operato in Corea del Sud, nella capitale Seoul. Si tratta del percorso pedonale Cheonggyecheon, un corridoio d’acqua lungo 11km diventato una delle passeggiate più belle e visitate della città.

Prima di questo intervento la zona era occupata da una strada molto trafficata con altissimi livelli di inquinamento, dovuti al passaggio di 168 mila macchine al giorno, che ormai minavano la salute degli abitanti del posto. In questo contesto così delicato, il governo cittadino ha approvato un progetto che anteponesse l’uomo alla macchina, facendo demolire interamente l’autostrada e delineando una forte volontà di cambiamento verso un approccio più ecosostenibile fondato sulla qualità della vita.

Quando parliamo di acqua infatti parliamo soprattutto di vita. Ma, nel concreto, che vantaggi possono portare dei corpi acquei all’interno del tessuto urbano? Potremmo elencare ragioni tanto sociali quanto ambientali ed economiche: in primis rendono le nostre città più belle e le nostre menti meno stressate; possono essere usati come canali di raccolta qualora dovessero verificarsi degli allagamenti, aiutando quindi la rete idrica a non andare in overload; reagiscono in modo efficace dal punto di vista climatico mitigando il clima nelle aree adiacenti.

Non ci credi? Nel caso di un intervento come quello di Cheonggyecheon, sono stati scongiurati allagamenti nella zona per un periodo di tempo fino a 200 anni (calcolato su un limite di 118mm/ora di precipitazioni!) e si è registrata una diminuzione delle temperature tra 3 e 5°C rispetto alle strade vicine. Un risultato strabiliante, se si pensa che è stato ottenuto eliminando la presenza delle macchine e riportando alla luce un corso d’acqua che per troppo tempo è stato un semplice canale sotterraneo.
Si tratta quindi di semplici passi su cui forse tutte le nostre città dovrebbero improntare un nuovo percorso urbanistico, che propone di riappropriarci di ciò che è sempre stato nostro, ma che a lungo abbiamo trascurato (o dato per scontato).