“Le Tuffatrici”: l’arte inclusiva di Alketa Delishaj parte dal trampolino

di Martina Grandori

I

l Salone del Mobile è in arrivo, a Milano ci si prepara con eventi e mostre che la rivitalizzano. Al quartiere Barona il Superstudio Maxi, il più grande spazio espositivo della città con i suoi 10.000 mq (7mila coperti e 3mila esterni) è appena andata in scena in scena (Un)Fair, fiera d’arte contemporanea che ha portato a Milano diverse gallerie internazionali provenienti dall’Ucraina, Singapore, Giappone, Spagna, Paesi Bassi e altri.

Fra questi anche la Galleria Alketa Art & Aiello Pini di Mozzecane, Verona, con la serie su carta “Le Tuffatrici” di Alketa Delishaj, artista albanese trapiantata in Italia. Un progetto molto interessante che parte da vecchie fotografie che diventano invece spunto per il suo lavoro che parla di inclusione, di donne che hanno portato avanti tenacemente una passione. 

La sua arte si ispira alle prime tuffatrici donne nella storia del trampolino di lancio delle Olimpiadi del 1920 fino ai nostri tempi, Alketa Delishaj ama esplorare il potere dell’acqua e le sue proprietà curative e il tutto si riflette in molte delle sue opere.

“Le Tuffatrici” diventa un tributo alle prime tuffatrici degli anni ’20 che solo alle Olimpiadi di Anversa hanno visto riconoscersi la possibilità di gareggiare anche in questa disciplina, un tempo solo maschile. È la tempra la determinazione di Jane Fauntz e Katherine Rawls, prime donne a debuttare sul trampolino alle Olimpiadi di Anversa del 1920, ad ispirare Alketa Delishaj.

Il loro coraggio, i loro valori, la loro voglia di andare oltre le convenzioni esplorando quelle discipline decisamente maschili, le rendono donne del presente.

Lo sport è inclusione ed è grazie ad atlete come Jane Fauntz e Katherine Rawls se l’Italia può avere oggi una Tania Cagnotto.

Dinamismo, fisicità, sincronia del corpo allineato alla perfezione, l’eleganza e la grazia dell’atleta al contatto con l’acqua, ma soprattutto la parità di genere: è questo che vuole trasmettere l’artista. Uno spunto per una riflessione su come cultura e sport possano essere poderosi veicoli di comunicazione sociale e di inclusività.

Sono Martina Grandori, vivo quotidianamente con il senso dell’umorismo e alla ricerca dell’estetica, tento di migliorarmi ogni giorno in nome di una magica evoluzione, nutrendo il mio giardino degli interessi. Adoro scrivere, lo faccio da vent’anni in qualità di giornalista specializzata in lifestyle, prestata poi al mondo dell’ambiente e della sostenibilità. Sono madre di due bambine che hanno rivoluzionato la mia vita in positivo, da sempre vivo nella bellissima Milano, città che adoro perché ha moltissimo da offrire oltre allo smog.

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Nasce il nuovo progetto di comunicazione che unisce sotto un’unica piattaforma online gli appassionati del mondo dell’acqua declinato in tutte le sue forme.

 

La parola acqua deriva dal latino “aqua”, che a sua volta ha una radice indoeuropea, la stessa della parola onda, che passando dal greco diventa “unda” in latino.

Acqua e onda: ovvero identica radice linguistica per due elementi che non possono esistere l’uno senza l’altro. 

 

Le onde sono un movimento perpetuo, sono il fluido che rappresenta l’impulso positivo al cambiamento.

 

Da qui nasce l’avventura di “On the Blue”: che ogni giorno vi condurrà in un viaggio in compagnia di chi questo elemento lo vive e lo ha vissuto.

 

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