Gli occhiali del futuro? Sono fatti con la plastica del Great Pacific Garbage Patch

di Martina Grandori

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alvare gli oceani ripulendoli dalle enormi quantità di plastica che vi galleggiano, contribuire alla salvaguardia delle acque della Terra, contrastare i cambiamenti climatici di cui ogni giorno si subiscono sempre di più le conseguenze è ormai la mission dell’uomo.

Nel 2019, l’olandese Boyan Slat ha iniziato a coltivare un sogno ambizioso: trovare un sistema efficace per ripulire gli oceani dal 90% dalla plastica e dai rifiuti marini entro il 2040. Un progetto più grande di lui, forse. Ma l’importante è fare, fare nonostante le difficoltà non siano poche, nonostante il problema sia veramente qualcosa di forte.

Ma il bello di essere giovani è crederci fino in fondo, mettersi in gioco, rischiare a discapito dei giudizi. Contribuire a ripulire il famoso Great Pacific Garbage Patch, l’atollo formatosi dall’agglomerazione di plastiche che, per un gioco di correnti, si sono compattate dando vita ad un’isola di detriti di pvc nel Pacifico tra California e Hawaii.

l valoroso intento di Boyan Slat agli inizi era di eliminare il 50% di rifiuti plastici presenti sull’isola entro cinque anni, i primi risultati non sono stati particolarmente performanti ma   poi invece le cose sono cambiate e The Ocean Clean Up ha dato i suoi risultati. Grazie al System 002, un metodo di raccolta brevettato da Boyan Slat dove la plastica, attraverso le correnti, vengono fatte convergere ingenti quantità di detriti che poi a loro volta vengono inglobati in reti e tirati fuori dalle acque. Altro aspetto molto importante di tutto ciò, è la possibilità di catturare anche piccoli frammenti di plastica che vengono spesso scambiati per cibo dalla fauna marina.

Da qui nascono gli occhiali The Ocean Cleanup, disegnati in California da Yves Béhar e prodotti da Safilo, esempio di moda circolare realizzati con il 95% di plastica riciclata proveniente dal Great Pacific Garbage Patch, comprese le lenti polarizzate e protezione UV il cui effetto catarifrangente bluette ricorda proprio quelle onde dall’effetto stroboscopico degli oceani.

Yves Béhar, Designer e fondatore di Fuseproject
Yves Béhar, Designer e fondatore di Fuseproject

Non manca il lato high-tech ed esperienziale: incorporato sull’asticella un QR code che racconta la storia e la provenienza della plastica impiegata, un modo interessante per condividere contenuti e cultura del mare.

Nico Rosberg, Testimonial The Ocean Clen Up
Sharon Pieksma, Testimonial The Ocean Clean Up

E per chi volesse farsi un’idea più concreta di cosa significhi acquistare un paio di occhiali Ocean Clean Up, basti sapere che con l’acquisto di un solo paio (199 euro comprese spedizione e tasse) si contribuisce a ripulire un’area dell’equivalente a 24 campi da calcio.

https://theoceancleanup.com/

Sono Martina Grandori, vivo quotidianamente con il senso dell’umorismo e alla ricerca dell’estetica, tento di migliorarmi ogni giorno in nome di una magica evoluzione, nutrendo il mio giardino degli interessi. Adoro scrivere, lo faccio da vent’anni in qualità di giornalista specializzata in lifestyle, prestata poi al mondo dell’ambiente e della sostenibilità. Sono madre di due bambine che hanno rivoluzionato la mia vita in positivo, da sempre vivo nella bellissima Milano, città che adoro perché ha moltissimo da offrire oltre allo smog.

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Nasce il nuovo progetto di comunicazione che unisce sotto un’unica piattaforma online gli appassionati del mondo dell’acqua declinato in tutte le sue forme.

 

La parola acqua deriva dal latino “aqua”, che a sua volta ha una radice indoeuropea, la stessa della parola onda, che passando dal greco diventa “unda” in latino.

Acqua e onda: ovvero identica radice linguistica per due elementi che non possono esistere l’uno senza l’altro. 

 

Le onde sono un movimento perpetuo, sono il fluido che rappresenta l’impulso positivo al cambiamento.

 

Da qui nasce l’avventura di “On the Blue”: che ogni giorno vi condurrà in un viaggio in compagnia di chi questo elemento lo vive e lo ha vissuto.

 

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