Food Cone, a Dubai il cono che produce cibo e acqua

Presentata all’expo di Dubai 2020, arriva l’opera dedicata alla sostenibilità che rivoluzionerà il nostro modo di vivere e che potrebbe contribuire ad aiutare i paesi in via di sviluppo

di Ludovica De Fazio

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rogettato come un sistema climatico circolare temporaneo, il padiglione dei Paesi Bassi realizzato per l'Expo 2020 di Dubai, include molte strategie sostenibili che cercano di dare una rappresentazione significativa del connubio fra acqua, energia e soluzioni alimentari.

Tra le innumerevoli strategie messe in atto per la salvaguardia dell’ambiente, gli architetti dello studio olandese V8 Architects, hanno ideato “Food Cone”, una macchina da raccolta a forma di cono per far incontrare questi tre elementi cruciali e riunirli in un biotopo, ossia lo studio delle interrelazioni che intercorrono fra gli organismi e l’ambiente che li ospita, dove “l’architettura è vissuta come una fusione intelligente tra tecnologia e arte”.

Il padiglione ricrea un sistema climatico temporaneo e circolare in cui l’acqua viene raccolta dall’aria, l’energia è prodotta dal sole e le piante commestibili sono coltivate in loco. Il Padiglione olandese è concepito come una vetrina della sostenibilità che offre ai visitatori un’esperienza sensoriale unica, gli architetti sono riusciti a realizzare un biotopo nel deserto!

Michiel Raaphorst, architetto, direttore e co-fondatore di V8 Architects, afferma che «il padiglione dei Paesi Bassi mostra l’importanza dell’architettura. Illustra temi vitali come la circolarità e le potenziali soluzioni per i problemi di acqua, energia e cibo in un modo non solo tecnico, ma soprattutto stimolante».

Il padiglione, costruito con materiali completamente biodegradabili e totalmente a impatto zero, funziona come una macchina per la raccolta di acqua e di energia: i visitatori scendono lungo un pendio fino al fondo di un pozzo, scavato nel deserto a circa 4 metri di profondità, qui sotto è naturalmente più fresco e buio. Quest’area, simile ad una grotta, è il cuore della casa e la pioggia cade nel mezzo. Progetti visivi e suoni in questo spazio consentono ai visitatori di immergersi completamente nell’ambiente circostante.

All’interno del padiglione, un grande cono di 18 metri di altezza, rappresenta l’elemento principale della mostra olandese: una fattoria verticale ricoperta di piante commestibili all’esterno e funghi all’interno. La struttura realizzata è simile a un camino, la forma a cono aiuta a regolare la temperatura e l’umidità all’interno. L’acqua viene raccolta dall’umidità dell’aria e riutilizzata per l’irrigazione delle piante. Il padiglione estrae circa 800 litri di acqua al giorno!

Nell’ambiente fresco che sono riusciti a riprodurre all’interno del cono (nel bel mezzo di un deserto) crescono e vengono raccolti quotidianamente decine di chili di funghi ostrica, mentre all’esterno ci sono più di 9.000 piante commestibili, tra cui asparagi, basilico e menta.

Il processo è alimentato da energia rinnovabile ottenuta attraverso celle solari trasparenti leggere e organiche o OPV progettati dall’artista Marjan van Aubel. Cosa non da poco, le celle solari sono funzionali, sostenibili e belle da ammirare.

I tessuti presenti all’interno del padiglione sono realizzati con biopolimeri ricavati dall’amido di mais, mentre le piastrelle del pavimento sono in materiale di biomassa contenente micelio e inseriti in un sistema di resine. Incarnando i principi dell’economia circolare, il padiglione è progettato per essere smontato e riutilizzato. I materiali da costruzione grezzi della struttura portante sono delle palancole in acciaio, un cenno alla tradizione dell’ingegneria civile olandese, quindi una volta terminata l’Esposizione Universale, queste strutture saranno restituite ai legittimi proprietari, mentre gli elementi di biomassa torneranno alla natura, senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio.

V8 Architects ha progettato il padiglione per dare “speranza nel deserto”, il loro progetto è stato elaborato seguendo il pensiero, sempre più ricorrente, che la tecnologia, tramite l’innovazione, può e deve fornire modi di vivere sostenibili, anche in condizioni estreme, come in questo caso.

L’idea è lo sviluppo di un processo collaborativo che diventa un prototipo di vita sostenibile, che mostra come creare sinergie, al fine di generare un sistema autosufficiente, in grado di non lasciare tracce della sua esistenza alla fine del suo ciclo di vita. La speranza, in un futuro non troppo lontano, è che questo “cono alimentare”, come è stato definito, possa aiutare i paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli che ogni anno sono costretti a combattere con siccità e carestie.

Sono una studentessa di chimica farmaceutica, che tra una formula e l’altra, si dedica allo sport, in particolar modo a quello in acqua, luogo che mi appartiene da quando sono piccola e in cui mi sento libera e spensierata. Mi diverto a scrivere, leggere, viaggiare e conoscere posti e sensazioni nuove ogni giorno, per migliorarmi e per apportare sempre un qualcosa in più in tutto quello che faccio. Il mio motto è “Ad maiora” e non a caso vivo e studio nella città dove tutto è più grande e maestoso, Roma

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La parola acqua deriva dal latino “aqua”, che a sua volta ha una radice indoeuropea, la stessa della parola onda, che passando dal greco diventa “unda” in latino.

Acqua e onda: ovvero identica radice linguistica per due elementi che non possono esistere l’uno senza l’altro. 

 

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