Maria Svarbova, l’artista che ferma il movimento dell’acqua

di Luigi Finucci

L

’acqua, l’archetipo del movimento, del tutto scorre, in alcuni luoghi del mondo sembra fermarsi. Si ferma attraverso gli occhi di Maria Svarbova, una giovane fotografa slovacca, che inizia la sua ricerca fotografica nel 2014 e, ad oggi, si inserisce nel panorama contemporaneo in modo del tutto originale.

Swimming Pool, il suo lavoro più noto, con il quale ha debuttato a Catania nel 2016 con una mostra personale in Italia, per approdare nel 2017 prima a Bologna e poi a Roma, con la quale ha fatto il giro del mondo passando per Istanbul, Londra, Madrid, Miami, Los Angeles, Città del Messico, Montreal, Seul e Kyoto annoverando numerosi premi internazionali.

Nonostante abbia studiato restauro e archeologia, Maria esprime la sua idea artistica attraverso la fotografia. Stimolata dalla ricerca di luoghi interessanti, la sua attrazione per l’architettura e il fascino per lo spazio delle piscine pubbliche hanno contribuito a sviluppare il suo stile visivo. La bellezza sterile e geometrica delle vecchie piscine ha dato il tono innovativo alle sue fotografie.

Swimming pool è un lavoro decisamente raffinato in cui, grazie ad un processo di perdita delle individualità, le figure diventano parte di un paesaggio costruito dai loro corpi inermi e dalle superfici piatte delle piscine che si prestano a questo gioco di riduzione. L’acqua è irrealmente immobile e insieme ai corpi presenti formano geometrie che mostrano la cura con cui l’artista slovacca ha immaginato lo scenario finale. I soggetti sono impressi nella pellicola in una posizione particolarissima, sono in azione, ma si trovano esattamente a metà del movimento in una situazione sospesa nel tempo, i loro corpi non trasmettono divertimento o giocosità, sembrano congelati nella composizione. I nuotatori sono lisci e impersonali come i pavimenti delle piscine.

Le figure sono spesso femminili e riportano alla mente, anche se con toni meno tetri, “The Handmaid’s’Tale”, la serie tv tratta dal racconto di Margaret Hatwood (conosciuto in Italia con il titolo “Il racconto dell’ancella”). Le donne immobili, sembrano urlare nella loro staticità. Si ripete questa tensione tra pace e violenza, tra l’indefinito e l’attimo fuggente dello scatto, tra la staticità del cemento delle costruzioni e la fluidità dell’acqua.

L’acqua è parte integrante di queste architetture fatte di silenzi, e se è vero che il corpo umano, alla nascita, è composto da 70% di questo elemento, in queste fotografie ne abbiamo la riprova. L’essere umano e l’acqua sono legati fin prima dalla nascita, e poi questa simbiosi prosegue nella vita fino alla morte, dove appunto c’è una riduzione di questo elemento.

I soggetti umani disposti all’interno della scena restituiscono a chi guarda una sensazione di ordine ma anche di tensione. Ordine nella disposizione, in quanto le persone si fondono con l’ambiente in una precisione millimetrica. Tensione nell’alienazione di questi soggetti, infatti sembrano quasi manichini, come se l’artista volesse mostrare una spersonalizzazione dell’essere umano, privando le persone della propria personalità, svuotandole dalle emozioni e omologando i movimenti.

Tutto questo sembra essere sospeso nel tempo, e a rendere tutto ciò possibile è l’elemento acqua che in queste fotografie resta fermo, immobile, quasi catturato dallo scatto e dalla straordinaria maestria dell’artista.

Nelle fotografie di Maria Svarbova, c’è tutto un mondo che l’artista vuole mostrarci. La solitudine, il silenzio dell’anima, l’alienazione della donna e la presenza/assenza che sono aspetti del tempo in cui viviamo.

Il lavoro di Maria è sicuramente un lavoro decisamente meno semplice di quanto le sue geometrie dichiarino, da osservare con la dovuta calma per apprezzarlo al meglio.

Non sarà necessario aspettare molto per vedere il nuovo lavoro dell’artista, visto che tra qualche settimana uscirà il nuovo book sempre incentrato sulle piscine, intitolato “Swimming Pools” e ci ri-immergeremo nel mondo creato dalla fantasiosa genialità di Maria Svarbova.

Sono maestro, coordinatore e docente della Federazione Italiana Nuoto. Oltre a insegnare nuoto e formare nuovi istruttori, ho scritto diversi libri di poesia, per adulti e per bambini, tra cui uno sul mondo dell'acqua (Il mondo di sotto - Giaconi Editore). Ho sempre sognato di andare nello spazio e l'unica volta che mi sono sentito sospeso è stato proprio immerso nell' acqua. Avvolto da questo elemento riuscivo a sentire meglio me stesso e a pensare ai grandi dilemmi della vita, come un filosofo. C'è qualcosa di ancestrale, e nei primi anni da bagnino appena maggiorenne, all'orizzonte dove il blu del cielo si incontrava con quello del mare riuscivo a dimenticare i problemi della vita e a stare in pace con me stesso.

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Nasce il nuovo progetto di comunicazione che unisce sotto un’unica piattaforma online gli appassionati del mondo dell’acqua declinato in tutte le sue forme.

 

La parola acqua deriva dal latino “aqua”, che a sua volta ha una radice indoeuropea, la stessa della parola onda, che passando dal greco diventa “unda” in latino.

Acqua e onda: ovvero identica radice linguistica per due elementi che non possono esistere l’uno senza l’altro. 

 

Le onde sono un movimento perpetuo, sono il fluido che rappresenta l’impulso positivo al cambiamento.

 

Da qui nasce l’avventura di “On the Blue”: che ogni giorno vi condurrà in un viaggio in compagnia di chi questo elemento lo vive e lo ha vissuto.

 

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