Il bioluminescente fenomeno del mare latteo

di Redazione

È

tarda sera di una calda giornata estiva, è la notte di San Lorenzo, siamo in vacanza in un posto bagnato dall’Oceano Indiano e la voglia di uscire per un suggestivo giro in barca ha la meglio. Se siamo molto fortunati, mentre si è intenti ad ammirare a testa in su il limpido cielo stellato, qualcosa all’improvviso rapisce lo sguardo: non lontana da noi, l’acqua del mare sembra letteralmente sbiancare sotto ai nostri occhi.

Niente panico, si è solo spettatori di un raro fenomeno oceanico: quello del mare latteo, anche noto come mare di latte o mare lattiginoso. È chiamato così poiché le acque cominciano a scintillare come piccole stelle, colorando la superficie di un luminoso e abbagliante blu fluorescente.

Di tale fenomeno, gli scienziati non hanno ancora chiarito in maniera inequivoca l’origine; in realtà, secondo gli studi più accreditati condotti dagli scienziati del National Institute of Oceanography, ad essere responsabili del mare latteo sono con ogni probabilità una miriade di minuscoli batteri bioluminescenti delle alghe che galleggiano sulla superficie dell’acqua e che, di tanto in tanto, può capitare concentrino tutto il loro sviluppo nella medesima porzione d’area marina.

Il motivo per cui si generano questi “raduni” continua ad essere un mistero, ma di fatto queste colonie di microrganismi più o meno complessi emettono luce, essendo in grado di trasformare l’energia chimica in energia luminosa e illuminando così ampi tratti di mare. Essi, peraltro, possono anche coinvolgere alcuni pesci abissali, che sfruttano la bioluminescenza per catturare le prede individuate.

Nell’ultimo secolo sono stati documentati circa 250 casi di mare latteo. Il fenomeno, osservato dai navigatori e raccontato anche in celebri romanzi, si verifica per lo più in specifiche aree remote dell’Oceano Indiano nord-occidentale, al largo delle coste del Corno d’Africa e nelle acque che circondano l’Indonesia.

Eppure, nonostante tutti questi avvistamenti, soltanto una volta – correva l’anno 1985 – un vascello da ricerca riuscì a navigare in un mare di latte, precisamente nel Mar Arabico. Fu allora che vennero raccolti i primi campioni, le cui analisi diedero il responso appena illustrato e avvalorato da ulteriori studi del Kerala Fisheries Department.

Come confermato dal professor Steve Miller, direttore del Cooperative Institute for Research in the Atmosphere (CIRA) e docente presso l’Università del Colorado, si tratta di fenomeni sfuggenti che possono essere facilmente mascherati dalla debole luce lunare o dall’atmosfera che si riflette sulle nuvole, al punto che sono stati progettati degli appositi filtri per estrapolare i dati e isolare eventuali contaminazioni.

Combinando queste informazioni con quelle di temperatura, presenza di biomassa superficiale e correnti marine sono divenute più chiare le caratteristiche del mare di latte: «Si tratta di un’espressione meravigliosa della nostra biosfera – ha spiegato Miller – il cui significato in natura non è stato ancora studiato a fondo. Tuttavia, il Day/Night Band ha aperto un altro percorso verso la scoperta scientifica».

Infatti, proprio grazie al sensore Day/Night Band, progettato per catturare flebili quantità di luce nell’oscurità, è possibile raccogliere le immagini del mare latteo anche dallo spazio. Anche con queste nuove indagini satellitari, catturare il fenomeno richiede molta pazienza, poiché – come si accennava poc’anzi – basta un leggero riflesso lunare sulla superficie dell’oceano a mascherare il segnale.

Gli scienziati hanno identificato e studiato appena dodici eventi negli ultimi dieci anni, tra il 2012 e oggi, asserendo che essi possono estendersi per oltre centomila chilometri quadrati e durare giorni o addirittura settimane, in base a determinate condizioni di temperatura e biomassa.

I dettagli della ricerca “Honing in on bioluminescent milky seas from space” sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports del circuito Nature, ma i ricercatori si dicono convinti che i dati ricavati dai satelliti permetteranno di studiare ancor più a fondo tale fenomeno, per meglio conoscerne la formazione, la composizione e il ruolo nell’ecosistema marino.

Nel frattempo, coloro che hanno avuto la fortuna di ammirarlo, descrivono la superficie dell’acqua come un immenso nevaio o un tappeto di nuvole illuminato a giorno dalle stelle che brillano scintillanti nel cielo che si estende fino all’orizzonte. 

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