di Manuel Gavini
olti di noi hanno sognato almeno una volta di viaggiare nello spazio o andare su Marte, seppur manchino prove concrete circa la presenza di forme di vita extraterrestri (se si escludono gli organismi unicellulari); ma la base per la vita è l’acqua, e nemmeno il pianeta più vicino alla Terra può fare eccezione.
L’umanità ha forse sperato in un’imminente escursione sul pianeta rosso subito dopo lo sbarco sulla Luna, ipotesi in realtà lontana anni luce ma che gli esperimenti compiuti nel corso degli anni non possono escludere categoricamente: in linea puramente teorica, la “colonizzazione” di Marte sarebbe già concepibile, a patto che ci sia…qualche goccia!
Scenario difficile per un pianeta che, sebbene un tempo abbia ospitato enormi oceani sulla sua superficie, oggi risulta essere più arido di qualsiasi deserto terrestre. Eppure, se le speranze di vivere sulla Luna non hanno motivo di esistere (essendo sprovvista di atmosfera, l’acqua scomparirebbe nello spazio), il discorso è diverso per quanto riguarda Marte, la cui atmosfera è composta per il 95% da anidride carbonica e, in piccola parte, contiene vapore acqueo. Tuttavia, la maggior parte dei rapporti scientifici della NASA e dell’ESA continua a ritenere che anche l’atmosfera marziana sia troppo sottile affinché l’acqua liquida possa essere presente sul pianeta per un periodo di tempo tale da assicurare la vita,
Nel giugno 2008 la Missione Phoenix testimoniò per la prima volta la presenza di acqua allo stato solido sul pianeta rosso. Due anni dopo furono rilevate strisce scure fugaci: sulla base del loro movimento – apparivano, si allungavano e scomparivano durante la stagione calda – si pensava potesse trattarsi di acqua che scorreva lungo i pendii marziani. Un lustro più tardi fu segnalato che si sarebbe dovuto trattare di acqua salata e che i perclorati avrebbero abbassato il punto di congelamento della stessa.
Nel 2017, però, ecco il deciso dietrofront: le stesse strisce, dopo essere state osservate con una fotocamera satellitare migliorata, furono reinterpretate come flussi di polvere. Un anno dopo i ricercatori descrissero un grande lago sotto il polo sud di Marte: responsabile di questa scoperta fu il radar del cosiddetto Mars express, un veicolo spaziale europeo senza equipaggio in orbita attorno al pianeta rosso. Nel 2020 si parlò di altri tre laghi di questo tipo, ipotizzando che essi, per un’estensione di 46mila miglia, fossero riempiti di acqua salata.
La notizia più recente circa la scoperta di un’enorme riserva, firmata in collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Europea e quella russa, risale a pochi giorni fa: utilizzando uno strumento chiamato FREND (Fine Resolution Epithermal Neutron Detector) e rilevando un consistente livello di idrogeno, la sonda TGO (Trace Gas Orbiter) ha individuato una possibile “oasi” di acqua – grande più o meno quanto l’Olanda – nell’area di Candor Chaos, situata nel cuore del colossale sistema di canyon Valles Marineris (il più grande del sistema solare, dieci volte più lungo e cinque più profondo del nostro Grand Canyon): 4.000 chilometri di lunghezza, 200 di larghezza e 7 di profondità estesa nella parte est della regione di Tharsis, circa un quarto della zona equatoriale di Marte. Assumendo che l’idrogeno rilevato sia legato in molecole d’acqua, circa il 40% del materiale sotto la superficie di questa regione sembrerebbe rappresentare – ma il condizionale è d’obbligo – acqua allo stato liquido
Si tratterebbe di una scoperta senza precedenti, in quanto, come visto, finora è stata certificata solo la presenza di ghiaccio in prossimità dei poli di Marte. Al contrario, lo strumento con cui gli studiosi stanno raccogliendo i dati potrebbe aver percepito l’acqua in forme diverse, per esempio quella che in piccola parte viene trattenuta dai minerali.
«A Valles Marineris abbiamo trovato molta più acqua di quanta ce ne aspettassimo – ha confermato il professor Alexey Malakhov, co-autore dello studio, in una dichiarazione dell’ESA – Ciò è molto simile alle regioni del permafrost della Terra, dove il ghiaccio resta permanentemente sotto il suolo asciutto a causa delle basse temperature costanti». «Questa scoperta è un primo passo sorprendente, ma abbiamo bisogno di più osservazioni per sapere con certezza con quale forma d’acqua abbiamo a che fare – è la replica, più cauta, dello scienziato Håkan Svedhem – Indipendentemente dal risultato, la scoperta dimostra le capacità senza rivali degli strumenti di TGO nel vedere sotto la superficie di Marte e ci mostra un grande serbatoio d’acqua, non troppo profondo e facilmente sfruttabile in questa regione».
Per il momento le osservazioni indirette rimangono tali, per quanto preziosa sia la conoscenza teorica. La presenza reale di acqua allo stato liquido su Marte – così come sugli altri pianeti del sistema solare – è un argomento molto eccitante, ma che verosimilmente potrà essere confermata solo quando il primo campione sarà esaminato direttamente sulla Terra.
Coloro che stanno aspettando con ansia la prima visita del colonialista marziano presso la piscina sotterranea di acqua salata, con ogni probabilità dovranno lasciare le lancette dei loro orologi avanti di qualche secolo. Realisticamente la colonizzazione di Marte nel prossimo futuro resta ancora un’utopia, ma del resto lo era anche lo sbarco sulla Luna fino al 20 luglio 1969…